Il gatto in giappone e nella cultura nipponica: creatura ricca di spiritualità

Nel Sol Levante i gatti furono onorati e ricercati non solo per la loro utilità ma come propiziatori della fortuna e per la bellezza e l’eleganza del loro aspetto.

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gatto in giappone
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Da sempre il gatto in giappone ha avuto un ruolo centrale nella cultura nipponica e nelle tradizioni di questo popolo. Si ritiene che i gatti siano arrivati in Giappone dalla Cina, probabilmente dalla Manciuria e dalla Corea, nel VI secolo con l’avvento del Buddismo.

I gatti, prevalentemente bianchi, erano sempre presenti nei templi buddisti poiché erano considerati messaggeri celesti e depositari dell’energia che genera la vita. Ma, oltre ad assolvere questi alti ruoli spirituali, i gatti avevano un compito molto importante, quello di salvaguardare dai roditori i rotoli di seta delle sacre scritture.

Nella cultura cinese che rispettava ed amava i gatti, la loro valenza quali cacciatori di topi era prioritaria sulle altre qualità al punto che manoscritti risalenti al secondo secolo a.C. testimoniano cerimonie propiziatorie a un dio Gatto in ringraziamento dei servigi resi.

Nel Libro delle Odi, molto più antico (VI secolo a.C.) si menziona il Gatto Sacro Mao, divoratore dei topi.

La cultura nipponica, invece, vide il gatto essenzialmente come una creatura nobile, ricca di bellezza e di spiritualità.

Usciti dai templi, i gatti si diffusero rapidamente in tutto l’arcipelago, onorati e ricercati non solo per la loro utilità ma come propiziatori della fortuna e per la bellezza e l’eleganza del loro aspetto.

In tutte le espressioni della antica cultura nipponica, troviamo i gatti protagonisti, oltre che di miti e poemi, di sculture e di disegni delicatissimi su seta, su rotoli di carta di riso che raffigurano mici di vari colori o pezzati, con code lunghissime o a forma di un curioso pom-pom.

Ma un eccesso di amore e ammirazione per la bellezza dei gatti fu, non ultima, una delle cause di una grave crisi economica che impoverì il paese poco prima dell’anno 1000.

Negli Annali Imperiali si legge che “il 10° giorno della quinta luna dell’anno 999, una gatta bianca ed immacolata ha dato alla luce 5 bellissimi gattini nei giardini del Palazzo Imperiale ed essendo questi talmente incantevoli, l’Imperatore Hojiji ha decretato che vengano allevati con la cura riservata alle bimbe di sangue reale e che tutti i gatti siano venerati e non più utilizzati per cacciare i topi”.

A seguito dell’editto, i topi, indisturbati, proliferarono velocemente e causarono dei danni enormi poiché il loro nutrimento preferito erano i bachi da seta, patrimonio principale dell’economia nipponica.

Si idearono ingenue strategie alternative disegnando gatti sulle porte, sui muri, ovunque, sperando che l’immagine spaventasse i topi.

Ancora oggi vi sono raffigurazioni di gatti come il celebre “Nitta no Neko” entrato nella leggenda perché gli si attribuiva il magico potere di allontanare i topi.

Solamente nel XIV secolo, un nuovo editto imperiale permise di riutilizzare i gatti per la lotta contro i topi, precisando però che il gatto rimaneva un animale sacro del quale non si doveva fare commercio.

CURIOSITÁ SUL GATTO IN GIAPPONE

I marinai giapponesi ancora oggi portano gatti tricolori sulle imbarcazioni perché ritengono che siano capaci di prevedere l’avvicinarsi della tempesta.

Arrampicandosi sugli alberi maestri essi sono in grado di vedere e mettere in fuga le anime vaganti dei naufraghi che, trasformate in spiriti cattivi, tentano di affondare la nave.

IL BOBTAIL GIAPPIONESE: IL GATTO CON LA CODA A CRISANTEMO

L’antico gatto con la coda ”a crisantemo” è una razza ben definita riconosciuta dall’ANFI e dalla FIFe.

È un gatto di taglia media, svelto e muscoloso, la testa lunga, forma un perfetto triangolo equilatero con le orecchie diritte e distanziate sul cranio e il lungo naso definito da due linee parallele che dal tartufo salgono verso le vibrisse sopra gli occhi.

Hanno zigomi alti e marcati e gli occhi a mandorla e il mantello corto con tessitura morbida e serica può avere vari colori ma i più ricercati sono i bicolori e la cosiddetta “mi-ke”, la calico.

La coda è peculiare e si differenzia geneticamente da qualsiasi altra, compresa quella del Manx. Di lunghezza variabile, può avere una o più curve o piegature.

Il pelo della coda cresce in tutte le direzioni più lungo e folto che nel resto del corpo creando un effetto a pom-pom.

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