Usa: cala il numero di cani e gatti senza padrone sottoposti a eutanasia

Un’indagine delNew York Times rivela che il numero delle eutanasie degli animali nei rifugi è in calo da oltre dieci anni.

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In America la gestione del randagismo e degli animali smarriti si basa da sempre su un iter che prevede il recupero degli animali dalla strada e, dopo un più o meno breve periodo in rifugio, in mancanza di adozione o del ricongiungimento con il proprietario, l’eutanasia.

Cani e gatti sottoposti a eutanasia: i numeri

Il numero dei pet che sono stati soppressi è stato, nel corso dei primi otto mesi di quest’anno, pari a circa 733.000 in tutti gli Stati Uniti. E sebbene questo dato possa apparire molto elevato, si tratta in realtà di un numero molto contenuto dato che negli anni ‘70 del secolo scorso ogni anno il numero ammontava a 13 milioni e mezzo di pet.

Negli ultimi quaranta anni, dunque, il numero dei cani e gatti uccisi negli Usa è andato progressivamente riducendosi: una recente indagine condotta dal New York Times sui dati provenienti da rifugi municipali delle principali 20 città del Paese ha rivelato che nell’ultimo decennio i tassi di eutanasia degli animali domestici negli agglomerati urbani è sceso di oltre il 75%, e che la tendenza si estende, bene o male, all’insieme del Paese.

L’iconico quotidiano americano indica però che raccogliere questi dati non è stato semplice, dato che non tutti i rifugi mettono a disposizione online le informazioni. Si tratta infatti di dati che possono esporre le strutture a rischi per i collaboratori, criticati e a volte minacciati per l’attività di eutanasia.

Meno ingressi e più adozioni

Sono diversi i motivi dietro alla riduzione delle eutanasie, e di diversa natura.

Senz’altro c’è stato un progressivo cambiamento di mentalità: grazie alle associazioni “no kill” e alla loro opera di sensibilizzazione, ai cambiamenti culturali che hanno portato a considerare cani e gatti non più come oggetti, è il numero globale di animali che entrano in rifugio che è andato progressivamente diminuendo e di conseguenza quello delle eutanasie.

Inoltre a partire dagli anni ’70 i rifugi hanno avviato politiche di sterilizzazione degli animali, i veterinari privati hanno iniziato a proporre questo intervento tra quelli di routine, abbassandone anche il costo, mentre molte amministrazioni locali hanno deciso di differenziare la tassa di possesso per gli animali tra sterilizzati (meno onerosa) e no.

A ciò ha fatto seguito anche un aumento delle adozioni, che negli ultimi dieci anni sono aumentate in quasi tutti i rifugi analizzati dal New York Times.

Insomma, aumentano gli animali restituiti ai proprietari o adottati, cala il numero degli ingressi nei rifugi, che spesso ora limitano l’eutanasia solo ai soggetti malati o aggressivi, e il numero delle eutanasie è passato in dai 13 milioni/anni degli anni ’70 agli attuali 2 milioni/anno.

Finché dunque negli Stati Uniti l’eutanasia sarà considerata una pratica comunque accettabile, il tentativo sarà quello di trovare un equilibrio tra la soppressione del minor numero possibile di animali, il mantenimento di un equilibrio sia numerico che sanitario all’interno dei rifugi e la salvaguardia della pubblica sicurezza.

FONTE: LaSettimanaVeterinaria

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