Come riescono a ritrovare la strada di andata e ritorno gli uccelli quando migrano se lo sono chiesto in tanti.
Tantissimi studi, osservazioni, esperimenti hanno portato a capire che gli uccelli, tra le varie strategie impiegate per affrontare questi viaggi, possiedono anche un sesto senso.
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I passeriformi e il cono di Emlen
Negli anni settanta il biologo Steve Emlen inventò un ingegnoso marchingegno costituito da un cono di carta assorbente del diametro di circa 40 cm, sul cui fondo veniva adagiato un feltrino inchiostrato.
Il passeriforme racchiuso all’interno durante il periodo delle migrazioni poteva vedere il cielo ma non fuggire perché l’apertura superiore era bloccata da una rete.
Saltellando in preda a quella che veniva definita “irrequietezza migratoria” sporcava le zampette di inchiostro e lasciava le impronte sulla carta assorbente.
Forniva così agli studiosi indicazioni sulla direzione e sulla intensità dell’impulso migratorio.
Ripetendo l’esperimento con altri passeriformi i risultati erano sovrapponibili.
Gli scienziati conclusero quindi che i passeriformi sono programmati geneticamente per migrare per un certo periodo di giorni in una certa direzione.
Come si orientano gli uccelli quando migrano?
La prima ipotesi di un senso magnetico fu avanzata nel 1859 da uno zoologo russo Alex Middendorf.
È solo negli anni ‘50 che però si riusci a ottenere una prima prova di una regolazione magnetica negli uccelli.
Osservando la migrazione dei pettirossi in Germania l’ornitologo Frederich Merkel capì che questi uccelli migratori notturni sfruttavano le stelle come bussola per orientarsi.
Anche nella totale oscurità e senza riferimenti astronomici riuscivano però ugualmente a trovare la direzione giusta, rilevando il campo magnetico terrestre.
Una questione di chimica
Gli uccelli non possiedono uno specifico organo deputato a individuare il campo magnetico.
Si suppose quindi che il magnetismo potesse essere rilevato attraverso reazioni chimiche nei tessuti.
Gli uccelli, come le api e alcuni pesci sono provvisti di minuscoli cristalli di magnetite nel loro corpo.
Negli anni ‘80 furono infatti individuati questi cristalli attorno all’occhio destro, nella cavità nasale e nella parte superiore del becco di piccioni viaggiatori.
Le reazioni chimiche con la percezione di un’immagine limpida del paesaggio circostante agisce come “bussola”, mentre i recettori presenti nel becco forniscono un “mappa”.
Insieme bussola e mappa rilevano direzione e forza del campo magnetico e così gli uccelli riescono con precisione a ritrovare la strada di casa, anche attraverso oceani o grande distese terrestri.
Teorie controverse
Non tutti i biologi però accettano la teoria dei due recettori e i meccanismi sono tutt’ora oggetto di studio.
Nuove scoperte aiuteranno a conoscere sempre meglio questi straordinari animali.
Recenti studi infatti hanno individuato proteine fotorecettive chiamate criptocromi.
La luce in arrivo eccita queste molecole, che a loro volta producono elettroni spaiati.
Questi vanno quindi a interagire con il campo magnetico terrestre, fornendo così informazioni direzionali.
La luce polarizzata che attraversa l’orizzonte può calibrare il sistema di navigazione magnetica di alcuni passeri migratori.
Attraverso la savana la percezione è possibile alla variazione azimutale del Sole, sia alla alba che al tramonto.
Gli uccelli sono inoltre in grado di percepire le radiazioni ultraviolette, si suppone, attraverso recettori particolari definiti doppi coni, non presenti nei mammiferi, e quindi tradurre le radiazioni luminose in colori polarizzati.