Il vaiolo delle scimmie: da dove origina e come si trasmette

Il nome usato per designare il Monkeypox virus è un po’ ingannevole e purtroppo alimenta un’immagine negativa di questi animali, in questo caso però le scimmie non hanno un ruolo principale e le cause di questi focolai vanno ricercate altrove. Vediamo come si trasmette e quali sintomi provoca nell'uomo.

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A cura di: Prof. Nicola Decaro

vaiolo scimmie
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Il 14 maggio 2022 l’Agenzia per la sicurezza sanitaria nazionale (UKHSA) ha segnalato il vaiolo delle scimmie (monkeypox) in un piccolo focolaio familiare di due casi nel Regno Unito (UK).

In precedenza, il 7 maggio 2022 sempre in UK era stato notificato un caso in una persona proveniente dalla Nigeria.

Dopo queste segnalazioni iniziali oltre Manica, molti altri Paesi europei hanno comunicato casi di monkeypox.

Secondo le fonti del sito dell’ECDC (European centre for disease prevention and control), al 25 maggio 2022, oltre duecento casi sono stati confermati in tutto il mondo.

Di questi, 118 casi nei Paesi europei: 1 in Austria, 4 in Belgio, 5 in Francia, 1 in Repubblica Ceca, 1 in Danimarca, 5 in Italia, 5 in Germania, 6 in Olanda, 37 in Portogallo, 51 in Spagna, 1 in Slovenia e 1 in Svezia.

In UK sono 71 i casi registrati, 2 in Svizzera, 15 casi in Canada, 2 in Australia, 1 negli Emirati Arabi Uniti, 1 in Israele e 9 negli USA.

Finora non sono stati segnalati decessi. Molti casi sospetti sono in attesa di conferma di laboratorio e le autorità sanitarie prevedono che saranno segnalati ulteriori casi.

La vaccinazione contro il virus del vaiolo umano protegge dal monkeypox?

Il monkeypox è attualmente considerata una rara malattia zoonotica.

Il virus appartiene alla famiglia Poxviridae, alla sottofamiglia Chordopoxvirinae e al genere Orthopoxvirus, che racchiude anche il famigerato virus del vaiolo umano.

Il monkeypox provoca una malattia simile, anche se meno severa, al vaiolo umano, malattia eradicata alla fine degli anni ’70 grazie alla vaccinazione.

I dati storici indicano che la vaccinazione contro il vaiolo umano può conferire una protezione fino all’85% contro il monkeypox.

Tuttavia, dopo l’eradicazione del vaiolo, la vaccinazione di routine è stata interrotta e sono ormai trascorsi quattro decenni da qualsiasi programma di vaccinazione per il vaiolo.

Quindi, la protezione crociata conferita dal vaccino del vaiolo verso altri orthopoxvirus a livello di popolazione potrebbe essere oggi scarsa o nulla.

Il monkeypox non è un virus delle scimmie, o quasi…

Il nome monkeypox ha origine dalla scoperta iniziale del virus nelle scimmie di un laboratorio danese nel 1958.

Tuttavia, è altamente probabile che il serbatoio naturale di questo virus, come di molti poxvirus, non siano le scimmie, ma alcuni roditori selvatici africani.

Quindi le scimmie potrebbero essere ospiti occasionali come l’uomo.

Il primo caso nell’uomo è stato diagnosticato nel 1970 in un bambino di 9 mesi nello Zaire (ora Repubblica Democratica del Congo, RDC).

Da quel momento, il vaiolo delle scimmie è diventato endemico nella RDC e si è diffuso in altri Paesi africani, principalmente nell’Africa centrale e occidentale.

Al di fuori dell’Africa, i primi casi di vaiolo delle scimmie sono stati segnalati nel 2003 in USA.

L’incursione del monkeypox negli USA nel 2003

Nel 2003, quarantasette tra casi confermati e probabili di monkeypox furono segnalati in sei Stati americani.

Tutte le persone infette avevano avuto contatti con cani della prateria da compagnia.

vaiolo scimmie cane prateria

Gli animali provenivano da un venditore dell’Illinois dove erano ospitati assieme a piccoli mammiferi importati dal Ghana.

Gli investigatori riuscirono a individuare l’origine del focolaio. Il virus era arrivato in Texas, con una spedizione di animali importati dal Ghana, nell’aprile 2003.

La spedizione conteneva circa 800 piccoli mammiferi di ben nove diverse specie.

Tra questi vi erano scoiattoli, ratti, topi, istrici e ghiri. I test di laboratorio del CDC identificarono il monkeypox in due ratti giganti africani, nove ghiri e tre scoiattoli.

Dopo l’importazione negli Stati Uniti, alcuni degli animali infetti erano stati tenuti assieme a cani della prateria, presso le strutture del venditore di animali dell’Illinois.

I cani della prateria, ormai infetti, erano stati poi venduti come animali domestici prima che sviluppassero segni di malattia.

Tutte le persone colpite dal monkeypox nel focolaio del 2003 si ammalarono dopo aver avuto contatti con cani della prateria infetti, sia per contatto diretto che indiretto, a seguito pulizia delle gabbie/cucce degli animali.

Le autorità sanitarie controllarono efficacemente il focolaio attraverso l’uso di vaccini per il vaiolo umano e il divieto di importazione di roditori dall’Africa.

Il vaiolo delle scimmie non è trasmesso dal cane

Recentemente sono state fatte errate dichiarazioni sul ruolo dei cani come possibili untori dell’infezione.

Queste dichiarazioni riprese dalla stampa nazionale, hanno gettato nel panico molti proprietari di cani, a circa due anni di distanza da quanto era già successo con le fake news del Covid-19.

Si tratta di un errore di documentazione dalle fonti, che origina dal focolaio di monkeypox del 2003 negli Stati Uniti.

In quel caso tutte le persone infette avevano avuto contatti con cani della prateria infetti, tenuti come pet.

ll nome “cane” di questo animale deriva dal verso simile a un latrato che esso emette per avvertire i suoi simili di qualche pericolo, anche se in realtà si tratta di un roditore (genere Cynomys) della famiglia degli scoiattoli (sciuridi) che vive nelle grandi praterie americane.

Quindi, l’affermazione che il monkeypox possa essere trasmesso dai cani è assolutamente sbagliata e non ci sono prove scientifiche che i cani possano avere un ruolo nell’epidemiologia del monkeypox.

Una più attenta lettura delle fonti, o anche una semplice traduzione su Google translator del nome inglese “prairie dogs”, avrebbe risparmiato una figuraccia al virologo di turno e il lancio di un ennesimo allarme ingiustificato a danno dei cani.

Roditori e piccoli mammiferi africani all’origine dell’infezione

Si ipotizza che diverse specie di roditori e altri piccoli mammiferi sarebbero gli ospiti primari, mentre i primati e l’uomo sarebbero ospiti secondari del virus.

Nella popolazione africana, un’importante fonte di infezione potrebbe essere rappresentata dal bushmeat (letteralmente, carne di cespuglio).

Il termine inglese è utilizzato per indicare la carne degli animali selvatici terrestri uccisi nelle foreste tropicali di Asia, Africa e Sudamerica, per la sussistenza o per la vendita nei mercati locali.

In origine il termine si applicava alla carne essiccata e venduta a pezzi nei mercatini in Africa occidentale.

Le specie cacciate più comunemente sono primati, ungulati, roditori ed uccelli, ma la composizione del bushmeat varia in base a fattori geografici.

La caccia, effettuata da tempi immemorabili in queste aree, ha portato sull’orlo dell’estinzione diverse specie animali e si parla di una vera e propria crisi del bushmeat.

Infezione da vaiolo delle scimmie nell’uomo

La manifestazione clinica del vaiolo delle scimmie nell’uomo è generalmente lieve.

La sottospecie del virus del vaiolo dell’Africa occidentale, rilevata nei casi segnalati in Europa, ha un tasso di letalità di circa il 3,3%.

In Africa Centrale è descritta un’altra sottospecie, più virulento.

Come avviene l’infezione da vaiolo delle scimmie nell’uomo?

Di solito l’infezione da persona a persona si realizza solo per contatti stretti.

vaiolo scimmie laboratorio

Il contatto con mucose o lesioni cutanee permette l’ingresso del virus, che può essere presente nella saliva o nelle lesioni cutanee di una persona infetta.

L’infezione respiratoria, tramite l’assunzione di goccioline di saliva (droplet) di persone infette, è una possibile evenienza.

Inoltre, a rischio anche il contatto con abiti, asciugamani o biancheria usati da un soggetto infetto.

Nel focolaio americano del 2003 la trasmissione tra persone non ci fu e tutti i casi si ebbero per contatti con gli animali.

Sintomi di vaiolo delle scimmie nell’uomo

L’infezione da monkeypox nell’uomo spesso inizia con una combinazione di sintomi, tra cui febbre, mal di testa, brividi, stanchezza, debolezza, gonfiore dei linfonodi, mal di schiena e dolori muscolari.

Comunemente, entro uno o tre giorni dall’inizio della febbre, il paziente sviluppa un’eruzione cutanea.

Questa tende a comparire prima sul viso e poi si diffonde ad altre parti del corpo, comprese mani e piedi.

Le lesioni cutanee spesso si presentano inizialmente come piccole macchie arrossate, che evolvono successivamente in papule, vescicole, pustole e croste.

Il numero di queste lesioni può variare da poche a migliaia. Le lesioni cutanee generalmente compaiono tutte nello stesso stadio.

Questo è un segno caratteristico del vaiolo umano e del monkeypox, e le distingue dalla varicella.

Per la maggior parte delle persone il monkeypox è una malattia autolimitante, che in genere dura da 2 a 4 settimane.

Cosa distingue il vaiolo delle scimmie dal vaiolo umano e dalla varicella

Dal punto di vista clinico, sintomi e lesioni possono essere difficili da distinguere dal vaiolo (ormai estinto), da altre infezioni virali (orthopoxvirus e parapoxvirus) e, in una certa misura, dalla varicella.

L’ingrossamento dei linfonodi (ad esempio nella regione cervicale o inguinale) è presente nel monkeypox, ma non era presente nel vaiolo umano, come non lo è nella varicella.

Il monkeypox è pericoloso per l’uomo?

Sebbene la manifestazione clinica del monkeypox sia più lieve di quella del vaiolo, la mortalità può comunque raggiungere l’11%.

I bambini, i giovani e gli individui immunocompromessi sono particolarmente a rischio di forme gravi di malattia.

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