Uso del collare elettrico, una forma di maltrattamento

La Corte di Cassazione Penale è tornata a occuparsi dell’uso del collare elettrico come strumento per educare/addestrare il cane, confermando la linea di orientamento che ne ha già più volte collegato l’azione a una forma di maltrattamento.

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A cura di: Dott.ssa Paola Fossati

collare elettrico
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La questione dell’uso del collare elettrico risulta particolarmente controversa poiché tali strumenti possono essere tuttora regolarmente venduti. Tuttavia, la giurisprudenza ha più volte stabilito che il loro uso causa sofferenze agli animali e per questo non può essere ammesso.

Il presupposto di tale affermazione è stato rinvenuto negli effetti, che causano un danno agli animali e, in quanto tali, sono ritenuti integrare ipotesi di reato.

Le pronunce della Corte di Cassazione sull’uso del collare elettrico

Nel 2017, in premessa a una Proposta di Legge (PdL N. 4540/2017) finalizzata proprio al divieto di rendere in alcun modo disponibili collari potenzialmente offensivi (elettronici, elettrici, ma anche con punte e del tipo a strozzo e a semi strozzo), erano state riassunte alcune delle principali pronunce della Corte di Cassazione Penale, che avevano già riconosciuto il reato di maltrattamento in altrettanti casi in cui erano state procurate sofferenze agli animali, anche in assenza di una vera e propria lesione fisica, e avevano, inoltre, evidenziato come dovesse essere considerata ingiustificabile la repressione dolorosa di “comportamenti eventualmente molesti dell’animale che possano trovare adeguata correzione in trattamenti educativi etologicamente informati e quindi privi di ogni forma di accanimento e di violenza” (sezione III, n. 46291 del 3 dicembre 2003; n. 43230 del 20 dicembre 2002; n. 1215 del 29 gennaio 1999).

Altre sentenze hanno, invece, fatto un diretto riferimento all’uso del collare elettrico.
Ad esempio, la sentenza Cass. Pen. n. 38034/2013 ha ritenuto che “il collare elettronico sia certamente incompatibile con la natura del cane: esso si fonda sulla produzione di scosse o altri impulsi elettrici che, tramite un comando a distanza, si trasmettono all’animale provocando reazioni varie.

Trattasi in sostanza di un addestramento basato esclusivamente sul dolore, lieve o forte che sia, e che incide sull’integrità psicofisica del cane poiché la somministrazione di scariche elettriche per condizionarne i riflessi e indurlo tramite stimoli dolorosi ai comportamenti desiderati produce effetti collaterali quali paura, ansia, depressione e anche aggressività”.

Su tale base, aveva confermato la sussistenza del reato punito dall’art. 727 Cp, al secondo comma, che concerne la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

Una forma di maltrattamento

A questo orientamento aveva dato continuità una successiva sentenza (Cass. Pen. n. 50491/2016), che, confermando una pronuncia del Tribunale di Trento, aveva ribadito l’idoneità del collare elettronico a “emettere scosse elettriche dolorose e potenzialmente nocive per l’animale”, riconoscendo nel suo uso il reato di maltrattamento di animali.

Infine, una recentissima sentenza di legittimità (n. 11561/2020) ha ribadito il collegamento tra utilizzo del collare elettrico e reato punito dall’art. 727 Cp. 

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FONTE: LaSettimanaVeterinaria

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