Danni causati da animali selvatici: chi è tenuto a risponderne?

Negli ultimi anni, si è notato un aumento esponenziale di alcune popolazioni selvatiche: non stupisce dunque che la giurisprudenza sia stata chiamata più volte a occuparsi di vicende aventi per oggetto incidenti stradali o altri sinistri causati da animali selvatici in seguito a sconfinamenti in zone coltivate, sulle carreggiate pubbliche o perfino in aree urbane.

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A cura di: Dott.ssa Paola Fossati

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L’eventualità che gli animali selvatici, in particolare gli ungulati, causino danni a terzi, ad esempio rimanendo coinvolti in incidenti stradali, è purtroppo sempre più frequente.

Ciò crea con maggiore frequenza anche i problemi in merito alla definizione delle responsabilità e dei risarcimenti, soprattutto con riferimento all’individuazione delle competenze adeguate a tal fine.

Animali selvatici e riferimenti normativi

Con la Legge n. 968/1977, recante principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia (ora abrogata e sostituita dalla Legge n. 157/1992), la fauna selvatica è stata protetta e dichiarata “patrimonio indisponibile dello Stato”.

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Tale “patrimonio” è tutelato nell’interesse della comunità nazionale e internazionale e la relativa gestione è stata assegnata alle Regioni, con funzioni normative e amministrative che sono divenute di competenza di questi enti in modo ancora più diretto a seguito della riforma dell’art. 117 della Costituzione (relativo alla suddivisione della potestà legislativa tra le Regioni, le Provincie, i Comuni).

In particolare, con la Legge n. 157/1992, le Regioni “provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia” (art. 19) ed “istituiscono e disciplinano il fondo destinato al risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall’attività venatoria” (art. 26).

Enti chiamati in causa

Tuttavia, alle Regioni non può essere addebitato di default qualunque danno causato da fauna selvatica, ma potrebbero essere chiamate a rispondere la Provincia, un Ente Parco, un’Associazione o altra persona giuridica che abbia ricevuto i suddetti poteri sul territorio e sulla fauna.

Inoltre, dovendo applicare la disciplina dell’art. 2043 C.c., una volta convenuto l’ente competente, il danneggiato avrebbe dovuto provare tutti gli elementi del danno, compresi il comportamento colposo dell’ente stesso e il nesso causale con il danno lamentato.

Per esempio, dimostrando che fosse nota la presenza nella zona di un numero eccessivo di esemplari appartenenti alla specie che ha causato il danno o che si fossero già verificati incidenti analoghi nel medesimo luogo.

La Cassazione affronta la questione dei danni causati dagli animali selvatici

Con la sentenza n. 7969 del 20 aprile 2020, la Corte di Cassazione, III Sezione Civile, ha però rivisto i criteri per l’attribuzione di responsabilità, “riscoprendo” l’applicabilità dell’art. 2052 C.c. alla pubblica amministrazione che di fatto “è proprietaria” della fauna selvatica (patrimonio indisponibile dello Stato) o “se ne serve” (nel caso di enti minori).

Quindi, se il danneggiato riuscirà a provare di aver subito un danno inevitabile, causato da un animale selvatico, dovrà essere risarcito a meno che l’ente pubblico non riesca a dimostrare che il fatto sia avvenuto per caso fortuito o per comportamento imprudente o negligente del danneggiato stesso.

Come ente sarà chiamata in causa in prima battuta la Regione, in funzione delle competenze di cui è titolare, e questa potrà eventualmente rivalersi nei confronti di altri enti, qualora spettasse a loro assicurare le misure necessarie a impedire il fatto.

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FONTE: LaSettimanaVeterinaria

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