
Sono moltissimi gli uccelli, dai piccoli pettirossi ai grandi rapaci, che ogni anno muoiono ancora oggi in Italia ad opera del bracconaggio senza scrupoli, soprattutto lungo le rotte delle migrazioni stagionali dell’avifauna.
Una mappa dei punti ove vengono disseminate le trappole dei cacciatori illegali è stata disegnata dai Carabinieri forestali del Cites, il raggruppamento che fa rispettare nel nostro Paese la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione.
“Il ministero dell’Ambiente – ora ministero della Transizione ecologica – ha individuato alcuni punti caldi del bracconaggio italiano”’ spiega Claudio Marrucci, il tenente colonnello a capo del reparto operativo antibracconaggio dei Carabinieri Cites. “In tali aree lavoriamo costantemente in operazioni di prevenzione e repressione dell’illegalità. Un’opera costante e impegnativa, ma i risultati non mancano”.
I reati contestati ai cacciatori illegali sono molti e gravi: dall’associazione a delinquere alla ricettazione, al maltrattamento di animali. “Uno degli strumenti peggiori usati dai bracconieri – continua Marrucci – sono i cosiddetti archetti, costruiti in ferro e legno. Gli uccellini, attirati da finte bacche, vengono intrappolati e penzolano vivi, per giorni, dai rami degli alberi”.
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La mappa del bracconaggio dell’avifauna in Italia
Sono diverse le aree di azione del reparto operativo antibracconaggio dei Carabinieri Cites, da nord a sud. Le valli alpine e prealpine della provincia di Brescia (Val Camonica, Val Trompia e Valle Sabbia), dove ogni anno tra settembre e ottobre si svolge l’Operazione pettirosso per contrastare la predazione della piccola avifauna migratrice (allodole, fringuelli, tordi, passeri, peppole, quaglie e altri piccoli volatili protetti e la cui caccia è vietata), sfruttata per comporre uno dei piatti tradizionali della cucina veneta e bresciana: solo lo scorso autunno 106 persone denunciate nelle province di Brescia, Bergamo e Mantova, circa 400 dispositivi di cattura illegale sequestrati e oltre 2 mila uccelli, di cui 800 esemplari vivi e 1.200 morti, tra cui numerose specie particolarmente protette da convenzioni internazionali, tutti catturati o abbattuti in modo illecito.
Dalla Sicilia al Delta del Po
Poi lo Stretto di Messina dove il falco pecchiaiolo, che in primavera migra dall’Africa all’Europa e passa nel collo di bottiglia tra Sicilia e Calabria, è cacciato illegalmente per un’antica superstizione, secondo la quale ucciderne un esemplare garantirebbe all’uomo virilità, tranquillità della casa e della famiglia. Qui i risultati di controllo e repressione stanno funzionando e nel tempo quella barbara usanza sta scemando.
Ma anche il Delta del Po è un punto caldo. “La lotta al bracconaggio sul delta del Po è molto complicata”, confessa Marrucci, “perché l’orografia del territorio è articolata: tra canali, insenature e boschi i bracconieri riescono ad appostarsi e a cacciare l’avifauna acquatica. Occorre muoversi con le barche per contrastare le azioni illegali”. Solo pochi mesi fa 22 persone sono state denunciate e una arrestata: quasi mille anatre e uccelli selvatici morti nascosti, tra cui germani reali, alzavole, codoni, canapiglie, fischioni e un’oca lombardella (specie protetta); sequestrati 21 fucili, oltre 6 mila cartucce, nove richiami acustici vietati e tre macchinari per spiumare gli uccelli, e scoperto anche un sito dove veniva effettuata la macellazione clandestina.
Altri punti caldi controllati dal reparto operativo antibracconaggio dei Carabinieri forestali sono quelli delle isole Ponziane e Flegree, comprese le coste campane e laziali; il Foggiano, col Parco nazionale del Gargano e la riserva naturale salina Margherita di Savoia; la Sardegna meridionale e la Sicilia occidentale.
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