Qual è stato l’effetto del lockdown sugli animali? Al via una ricerca

Un team internazionale di scienziati studierà il movimento, i comportamenti e i livelli di stress degli animali prima, durante e dopo il lockdown. Questi studi permetteranno a loro volta di pianificare approcci innovativi per migliorare la coesistenza tra uomini e fauna selvatica, con benefici per tutte le specie e la salute globale.

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Come ha influito il lockdown sulla fauna selvatica? Un team internazionale di scienziati sta studiando come gli animali abbiano risposto alla variazione dell’attività umana seguita alla pandemia da COVID-19. In prima linea, nella ricerca, c’è la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige.

In un articolo pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, gli scienziati spiegano come questa ricerca ha l’intento di indicare strategie innovative perché uomini e animali selvatici possano condividere un pianeta sovraffollato, con benefici per entrambi.

Il lockdown ha ridotto notevolmente la mobilità umana, tanto che gli scienziati hanno coniato il termine “ANTRO-pausa”.

Questa condizione di ‘rallentamento’ delle attività antropiche permette di indagare, come mai prima, le interazioni tra uomo e fauna.

Effetto del lockdown sugli animali: (s)vantaggioso?

Moltissimi incontri e osservazioni inusuali di animali selvatici sono stati riportati negli ultimi mesi, soprattutto nelle aree urbane. Un esempio sono i puma in centro città a Santiago del Cile o i delfini nei pressi dei pontili deserti a Trieste.

Per alcuni animali la riduzione delle attività umane potrebbe invece aver creato delle condizioni paradossalmente svantaggiose. Per esempio, specie già adattate agli ambienti antropici, come i gabbiani, i ratti o le scimmie, potrebbero aver sofferto la mancata disponibilità di scarti di cibo umano. Viceversa, in aree remote, la ridotta presenza di visitatori potrebbe aver acuito il rischio di bracconaggio.

Gli autori dell’articolo scientifico sottolineano come la priorità internazionale debba essere la risoluzione dell’enorme crisi umanitaria e sociale causata da COVID-19. Riconoscono tuttavia che si debba anche documentare l’effetto dell’uomo contemporaneo sui sistemi naturali.

COVID-19 Bio-Logging

Per affrontare questa sfida, i ricercatori hanno fondato l’iniziativa “COVID-19 Bio-Logging”. Questo consorzio internazionale studierà il movimento, i comportamenti e i livelli di stress degli animali prima, durante e dopo il lockdown, utilizzando unità elettroniche dotate di sensori (i “bio-loggers”) che vengono apposte a un campione di individui delle specie studiate.

Il Professor Christian Rutz dell’Università di St Andrews, primo autore dell’articolo e Presidente della Società Internazionale di Bio-Logging, spiega: “I ricercatori appongono unità tecnologiche di monitoraggio su una grande diversità di animali in ogni ambiente, terrestre e marino. Questi “bio-loggers” rappresentano una miniera di informazioni sul movimento e comportamento animale, che ora possiamo utilizzare per accrescere grandemente la nostra conoscenza sull’interazione tra uomo e fauna selvatica, con grande beneficio per l’umanità stessa”.

Il team di scienziati integrerà i dati raccolti da una grande varietà di specie, tra cui pesci, uccelli e mammiferi, per ricostruire l’effetto del lockdown a livello globale.

Francesca Cagnacci, ricercatrice alla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige in Trentino e coordinatrice scientifica del network di ricerca Euromammals, riporta: “La comunità internazionale di ricerca ha risposto con grande entusiasmo alla nostra richiesta di collaborazione, mettendo a disposizione i dati di più di 200 progetti”.

Effetto del lockdown sugli animali: cosa sperano di scoprire gli scienziati?

Matthias-Claudio Loretto, post-doc Marie Skłodowska-Curie all’Istituto Max Planck ‘Animal Behavior’ a Radolfzell afferma: “Saremo in grado di capire se gli animali condizionino i propri movimenti alle infrastrutture, o alla presenza effettiva degli uomini”.

Questi studi permetteranno a loro volta di pianificare approcci innovativi per migliorare la coesistenza tra uomini e fauna selvatica, come riferisce il Professor Martin Wikelski, Direttore dell’Istituto Max Planck “Animal Behavior” a Radolfzell.

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