
L’utilizzo di animali per la diagnosi di diverse malattie nell’uomo grazie alle potenzialità del loro olfatto è una pratica utilizzata da circa 20 anni e si sta rivelando sempre più promettente.
Questo senso, infatti, è molto sviluppato in diverse specie e ricopre svariate funzioni: gioca un ruolo essenziale nelle interazioni intra- e interspecifiche, nel sesso, nella gerarchia sociale.
Con l’olfatto gli animali riescono anche istintivamente a individuare situazioni che li minacciano (è il caso dei roditori, ad esempio, che con l’olfatto riescono a riconoscere ed evitare predatori che non hanno mai visto prima).
Esistono quindi chiare evidenze che le capacità olfattive degli animali possano essere usate per riconoscere persone affette da malattie infettive, metaboliche, neoplastiche o di altra natura (ci sono cani che, anche senza addestramento, riescono a percepire l’arrivo di una crisi epilettica del loro padrone).
L’animale più frequentemente coinvolto è il cane, ma non sono da meno ratti e topi; considerazioni etiche ed economiche hanno poi favorito studi anche sugli invertebrati.
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Non solo i cani
La capacità innata di rilevare gli odori e l’apprendimento associativo conseguente, consente ai cani di riconoscere accuratamente i composti organici volatili (COV) che si trovano precocemente nell’espirato o nei liquidi biologici di persone malate e mostrare comportamenti di allerta con atteggiamenti riconoscibili e specifici.
L’addestramento in tal senso si basa sul rinforzo positivo: l’animale viene premiato quando individua correttamente il composto indicatore (ad esempio il toluene per il tumore del polmone e l’acetone per il diabete).
Negli ultimi anni, anche i ratti sono stati studiati come possibili sensori e la ricerca in tal senso ha trovato applicazione in campi medici come la rilevazione di diverse neoplasie e della glicemia, con i vantaggi di una diagnosi economica, non invasiva e precoce delle malattie.
Alcuni esempi di animali addestrati al rilievo di malattie
Le straordinarie capacità olfattive degli animali sono state oggetto anche di diversi articoli generalisti dove vengono riportate storie esemplari.
Le diagnosi del ratto Charles
Come, ad esempio, quella di Charles, un ratto addestrato a riconoscere umani malati di tubercolosi annusando campioni di espettorato o anche sputo.
L’addestramento di Charles è costato circa 6.500 dollari (quello di un cane costa mediamente 8 volte tanto) e in un test su 100 campioni, in circa 20 minuti, ha individuato 12 nuovi casi rispetto all’indagine clinica.
L’indagine di laboratorio (ricerca del DNA) è molto più sensibile e specifica, ma richiede circa due ore e ha un costo decisamente superiore, aspetto molto importante nei Paesi dove la tubercolosi umana è ancora presente, in genere molto poveri.
Cani sentinelle per i padroni
Per quanto riguarda i cani, la prima citazione di un cane in grado di rilevare un tumore nel suo padrone risale al 1989.
Il caso era riportato in una Lancet letter (lettere inviate alla rivista The Lancet), che raccontava di un cane che aveva individuato un melanoma cutaneo nel padrone rivolgendo insistenti attenzioni alla lesione.
La seconda Lancet letter è del 2001: si descriveva il caso di un signore britannico di 66 anni il cui Labrador continuava a premere il naso contro la sua gamba, annusando una chiazza ruvida di pelle, diagnosticata inizialmente come eczema.
L’uomo si sottopose a un secondo consulto e l’eczema si rivelò essere un carcinoma basocellulare.
Questi cani, che spontaneamente hanno manifestato interesse per delle lesioni cancerose, hanno dato lo spunto per avviare una ricerca sistematica di metodi più rapidi e precoci, alternativi alle tradizionali indagini di laboratorio.
Oggi i cani riescono a fiutare tumori alla vescica, alla mammella, alle ovaie, alla prostata (una ricerca italiana ha mostrato che i cani potevano identificare con precisione i campioni di urina di uomini con cancro alla prostata nel 98% dei casi) e al colon-retto.
Quali cani? E quali altri animali?
Un altro studio francese ha analizzato quali specie sono utilizzate negli studi sull’olfatto per rilevare patologie.
In oltre due terzi dei casi si tratta di cani. Le razze più rappresentate sono, per oltre la metà dei casi, di taglia media, principalmente Labrador retriever e Border collie, mentre per circa il 28% cani di taglia grande (soprattutto Pastore tedesco, Pastore belga, Malinois, incroci dei precedenti, Schnauzer).
Solo alcuni studi hanno valutato cani di piccola taglia (Chihuahua, Bassotto, Welsh Corgi Pembroke e Goldendoodle miniature), topi, vermi nematodi, api, formiche, moscerini e ratti.
I nematodi sono usati specialmente per la diagnosi di linfoma, leucemia, tumori dell’apparato gastrointestinale e del pancreas.
Api, formiche e moscerini (Drosofila) sono usati soprattutto sulle colture cellulari.
Un possibile nuovo metodo di screening delle malattie?
L’utilizzo degli animali per diagnosticare precocemente tumori o malattie infettive dell’uomo rappresenta un importante e confermato metodo di screening, sebbene – nonostante le migliaia di test eseguiti con successo finora – talvolta sia accolto ancora con scetticismo tra la popolazione scientifica.
L’addestramento dei mammiferi comporta comunque aspetti etici, oltre che economici, che non possono essere trascurati e che nel futuro porteranno a incrementare l’utilizzo di invertebrati.
Non si può dimenticare, infine, che uno degli obiettivi della ricerca è l’elaborazione di un naso elettronico che, senza dover ricorrere ad animali e in modo non invasivo, riesca a individuare i composti volatili emessi dai malati.
Questo traguardo però appare ancora abbastanza lontano e, in questo momento, la collaborazione degli animali rimane l’unica alternativa possibile.
Articolo di Luigi Gaidella