Si può vietare l’accesso ai cani nei parchi pubblici comunali?

In alcuni comuni d'Italia, negli ultimi anni, sono state emanate Ordinanze, firmate dal sindaco, con le quali si prevedeva il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree destinate a verde pubblico. Secondo i Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) questi provvedimenti limitano eccessivamente la libertà di movimento dei cittadini e, quindi, non sono legittimi.

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A cura di: Dott.ssa Paola Fossati

accesso ai cani
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Si può vietare l’accesso ai cani nei parchi pubblici comunali? I Comuni possono stabilire regole in merito all’accesso degli animali nei parchi o giardini pubblici.

Ne sono un esempio i cosiddetti “Regolamenti del verde” che in genere ogni città possiede e che consentono la corretta gestione di tali aree e la disciplina delle attività che in esse possono essere svolte.

Ma può essere previsto un divieto generalizzato di accesso ai cani, anche quando sono al seguito del proprietario o di un detentore responsabile e muniti di guinzaglio o museruola, in tutti i giardini e parchi pubblici cittadini?

A livello nazionale, l’accesso ai cani nei luoghi pubblici e aperti al pubblico è attualmente disciplinato dal Regolamento di Polizia Veterinaria, che prevede “l’obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico”.
Quindi non vieta l’accesso agli animali, in queste aree.

Con leggi regionali o con i regolamenti comunali si possono stabilire ulteriori norme, specifiche sulle modalità di accesso e permanenza con il cane nelle zone a verde pubblico.

Utilizzando questa facoltà, molti comuni hanno adottato provvedimenti restrittivi, in genere motivandoli con:

  • la necessità di evitare il rischio che la presenza dei cani possa creare problemi di natura igienico/sanitaria o per la pulizia dei luoghi, a causa, in particolare, delle deiezioni  degli animali, spesso non raccolte;
  • lo scopo di tutelare la sicurezza e l’incolumità dei cittadini, che frequentano abitualmente tali luoghi, per via di possibili aggressioni.

Obiettivi ragionevoli. Resta, però, il quesito se la scelta di ottenerli impedendo l’accesso ai cani sia altrettanto legittima.

Una risposta può essere trovata nelle sentenze amministrative che, negli ultimi anni, hanno riguardato casi di altrettante ordinanze comunali, emanate dai sindaci per disporre il divieto di introdurre cani nei parchi cittadini.

Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, per esempio, nel 2016, ha annullato l’ordinanza di un comune che aveva stabilito il divieto assoluto e indiscriminato di accesso dei cani in tutte le aree verdi.

L’ordinanza è stata dichiarata nulla sulla base del fatto che, il provvedimento del divieto assoluto è sproporzionato rispetto agli altri interessi tutelati ed eccessivamente limitativo della libertà di circolazione delle persone.

Nelle motivazioni del giudice, si rimarcava il fatto che il problema delle deiezioni non raccolte, così come quello dei cani talvolta lasciati liberi o incustoditi, possono essere risolti aumentando i controlli da parte dell’Autorità preposta.

Inoltre, i provvedimenti del sindaco possono avere solo un’efficacia temporale limitata, legata alla necessità di affrontare una situazione straordinaria di emergenza.

La medesima posizione è stata assunta un anno dopo dal TAR Toscana, che ha osservato che la sola presenza di “escrementi canini in ambito urbano comunale” non può corrispondere all’esistenza effettiva di un’emergenza sanitaria o di igiene pubblica.

E altri esempi simili si possono trovare nella giurisprudenza amministrativa di Lombardia, Veneto, Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Sardegna.

Più di recente, il TAR Puglia (sentenza 16 marzo 2018) ha ribadito che lo scopo di mantenere il decoro urbano e l’igiene pubblica può essere ottenuto attivando i mezzi di prevenzione, vigilanza controllo e i poteri sanzionatori di cui dispone la Pubblica Amministrazione.

Questo orientamento giurisprudenziale, che caratterizza l’ambito amministrativo ha iniziato a trovare applicazione anche nei processi civili.

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Di recente, infatti, il Giudice di Pace di Lodi (procedimento civile n. 1083 R.G. 2016) ha ritenuto illegittima una sanzione elevata per aver introdotto un cane nel parco pubblico della città, in violazione del regolamento comunale.

Richiamando proprio le sentenze dei TAR, il giudice ha confermato che igiene, sanità e incolumità pubblica possono essere fatte rispettare mediante i divieti e le sanzioni già previsti dalla legislazione vigente, quali l’obbligo del guinzaglio e di raccolta delle deiezioni, senza ulteriore necessità di limitare a priori la libertà di movimento dei proprietari e dei detentori degli animali d’affezione.

Conclusioni

Quindi, all’obbligo di custodire i cani (con guinzaglio ed eventualmente museruola) e di rimuovere le deiezioni, nelle aree pubbliche; no al divieto assoluto di introdurre cani nelle aree destinate a verde pubblico.

Nota

Attualmente, per essere in regola con la normativa nazionale vigente, quando si esce di casa con il cane, è necessario che questo sia legato a un guinzaglio di lunghezza non superiore a 1,50 metri.

Inoltre, bisogna portare sempre con sé una museruola, da applicare al cane all’occorrenza, cioè in caso di rischio per l’incolumità delle persone o di altri animali oppure su richiesta delle autorità competenti.

Attenzione, comunque, alle norme comunali, perché ad esempio possono contenere il divieto di introdurre cani in aree particolari, come quelle destinate e attrezzate per il gioco dei bambini.

In questi casi, poiché si tratta di divieti circoscritti, che saranno segnalati con appositi cartelli, la misura non può essere ritenuta troppo limitativa e, quindi, non è considerata illegittima e deve essere rispettata.

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