In Spagna chiedono di riconoscere l’impatto dei gatti sulla biodiversità

Alcune società scientifiche chiedono di riconoscere l’impatto dei gatti sulla biodiversità all'interno della legge spagnola sulla protezione degli animali che è in fase di approvazione.

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È innegabile l’effetto che i gatti, vaganti o di proprietà, ma con stile di vita outodoor, hanno sulla microfauna e sulla biodiversità.

In Spagna è recente a questo proposito la presa di posizione di un gruppo di società scientifiche che ha chiesto il riconoscimento dell’impatto che i gatti hanno sulla biodiversità all’interno della legge spagnola sulla protezione degli animali in fase di approvazione.

Queste società iberiche per la conservazione della fauna sono: la Società Spagnola di Ornitologia – SEO/Birdlife, la Società Spagnola per la Conservazione e lo Studio dei Mammiferi – SECEM, l’Associazione Spagnola di Erpetologia – AHE, l’Associazione Spagnola per la Conservazione e Studio dei pipistrelli – SECEMU, e l’Associazione Spagnola di Ecologia Terrestre – AEET.

Nella loro petizione vengono considerati sia i gatti domestici con accesso all’esterno che i gatti randagi senza padrone.

La discussa legge spagnola per la protezione degli animali

L’appello di queste società nasce nell’ambito dell’iter di approvazione della Legge spagnola per la tutela, i diritti e il benessere degli animali.

Questa legge, sin dall’inizio del suo percorso, all’inizio di quest’anno, ha sollevato molte preoccupazioni per le possibili conseguenze della sua applicazione sulla conservazione della biodiversità.

Società scientifiche e ricercatori iberici hanno segnalato delle contraddizioni: “Rimaniamo estremamente preoccupati per il modo in cui vengono trattati alcuni problemi relativi ai gatti.

Il gatto domestico è un ottimo cacciatore. Cattura la preda anche quando è abbondantemente nutrito artificialmente o sterilizzato.

Questo sia che si tratti di gatti domestici con accesso all’esterno o randagi”, affermano nel documento.

Ricordano anche come “le evidenze scientifiche relative agli impatti dei gatti sulla biodiversità sono molto numerosi.

Mostrano in modo solido e coerente la grande pressione predatoria sui diversi elementi della fauna selvatica”.

Sono molti, infatti, gli studi svolti da ricercatori di tutto il mondo che indicano i gatti come una delle principali cause di morte di uccelli, piccoli mammiferi terrestri, pipistrelli e rettili.

La predazione da parte di gatti, inoltre, è riconosciuta come una delle cause del declino, e persino dell’estinzione di numerose specie di vertebrati.

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Riconoscere l’impatto dei gatti, anche eliminando le colonie feline

Che fare dunque? Innanzitutto, le Associazioni sostengono che “Riconoscere questi impatti è un primo e inevitabile passo per ridurli e conciliare la convivenza tra uomo e gatto con la conservazione della biodiversità”.

Propongono inoltre quattro modifiche al testo di legge:

  1. prevedere un’azione diversa per gli animali da compagnia, che sono di diretta responsabilità di una persona e sarebbero iscritti come tali nell’anagrafe prevista dalla legge stessa, e gli altri animali;
  2. favorire la scomparsa delle colonie feline e non stimolarne il mantenimento. La presenza di colonie di felini o gatti inselvatichiti non dovrebbe essere consentita in aree sensibili, compresi gli ecosistemi insulari e le aree abitate da specie di interesse per la conservazione;
  3. includere meccanismi di controllo per garantire che il divieto di lasciare i gatti fuori casa, previsto nel testo di legge, sia efficace e per ridurre al minimo l’accesso all’esterno dei gatti provenienti da colonie feline eventualmente autorizzate;
  4. stabilire la responsabilità delle amministrazioni competenti nell’autorizzazione delle colonie feline quando queste hanno un impatto su specie minacciate.

Il comunicato delle società scientifiche, diffuso sul Web, ha inevitabilmente scatenato numerose reazioni.

Soprattutto dei difensori dei gatti, che lamentano le limitazioni che sarebbero imposte ai felini.

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