Le tartarughe di terra mediterranee e la CITES

Le tartarughe terrestri mediterranee (T. hermanni, T. graeca e T. marginata) sono comunemente presenti nei giardini e nelle case degli italiani. Ma quanti conoscono la regolamentazione alla quale esse sono sottoposte?

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Le tartarughe terrestri o testudo mediterranee (T. hermanni, T. graeca e T. marginata), comunemente presenti nei giardini e nelle case degli italiani, sono sottoposte alla regolamentazione CITES.

Ma quanti la conoscono nel dettaglio? E cosa comporta?

Che cos’è la CITES?

La Convenzione di Washington, chiamata comunemente CITES (Convention on international trade in endangered species of fauna and flora in commerce), è una convenzione internazionale che regolamenta il commercio delle specie selvatiche di flora e fauna a rischio di estinzione.

Questa convenzione è stata siglata nel 1975 e attualmente viene applicata in 183 Stati.

Lo scopo fondamentale della Convenzione è quello di garantire che lo sfruttamento commerciale internazionale di una specie selvatica di flora e fauna sia sostenibile per la specie e compatibile con il ruolo ecologico che essa riveste nel suo habitat.

La CITES è divisa in appendici (I, II e III) dove sono elencate più di 35.000 specie di animali e piante protette e i loro gradi di protezione.

Sono soggetti agli obblighi della Convenzione sia gli esemplari vivi che morti, le parti (come l’avorio e la pelle) e i prodotti derivati, come i medicinali ricavati da animali e piante, registrati nelle appendici.

Appendice I

Per le specie elencate nell’Appendice I (300 vegetali e 600 animali), il grado di protezione è massimo per l’elevato rischio di estinzione.

In questo caso il commercio internazionale per fini commerciali è generalmente vietato.

Appendice II

Nell’Appendice II sono presenti specie non necessariamente minacciate di estinzione.

Per questa il commercio deve essere comunque controllato al fine di evitarne l’eccessivo sfruttamento.

Il commercio internazionale è permesso, ma sottoposto a severa disciplina con licenze e controlli.

Appendice III

Infine, l’Appendice III contiene specie per le quali uno Stato richiede aiuto agli altri Paesi membri per la loro tutela.

Il commercio internazionale è permesso, ma sottoposto ad autorizzazione e controlli.

CITES e tartarughe terrestri mediterranee

Testudo hermanni, T. graeca e T. marginata si trovano tutte nell’Appendice II della CITES, per l’elevato rischio di estinzione alla quale sono soggette.

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Il certificato “giallo” CITES che attesta in modo inconfutabile la provenienza degli animali.

Il pericolo deriva dalla quasi scomparsa dell’animale nell’ambiente naturale.

Ogni tartaruga, appartenente a queste specie, deve essere detenuta con apposito certificato “giallo” CITES.

Questo attesta in modo inconfutabile la loro provenienza, ovvero che esse siano state allevate e cresciute in cattività.

L’assenza del certificato, per le Autorità forestali, significa bracconaggio.

Limitazioni a movimentazioni e commercio in base all’origine della tartaruga

Un riquadro importante del documento CITES è il 9, ovvero l’origine o fonte.

Questa casella indica l’origine della testudo mediterranea.

Esistono quattro differenti possibili fonti od origini.

Fonte W

Detta anche fonte “wild”, viene data a tartarughe che per qualche motivo non possono più vivere in natura allo stato selvatico e vengono date in affidamento ad associazioni o privati che le devono detenere senza la possibilità di movimentazione o commercio.

Fonte F

Si tratta delle figlie delle wild o prima generazione di tartarughe nate e cresciute in cattività.

Non possono essere commerciate, ma possono essere movimentate da un detentore a un altro, previa autorizzazione della Forestale.

Fonte C e D

In questi due casi si tratta di tartarughe nate e cresciute in cattività di seconda e terza generazione.

Queste tartarughe possono essere commercializzate liberamente senza autorizzazione della Forestale.

letargo delle tartarughe cosa fare Testudo hermanni

Chi fa i controlli? Cosa si rischia?

L’Autorità per l’emissione dei certificati è rappresentata dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali che si avvale del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari (CUFA) dell’Arma dei Carabinieri.

Le attività di controllo del rispetto della Convenzione, dei regolamenti comunitari e della normativa nazionale è affidata al Raggruppamento Carabinieri CITES sul territorio e alla Guardia di Finanza negli spazi doganali.

L’Italia ha disciplinato i reati relativi all’applicazione della Convenzione e dei Regolamenti Comunitari con la Legge 7 febbraio 1992 n. 150.

In base a questo sono punite con l’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da quindicimila a centocinquantamila euro le persone che esportano, importano o riesportano esemplari senza il prescritto certificato o licenza CITES o con un certificato o licenza non validi.

Lo stesso vale per chi con scopi di lucro, acquistano, vendono, espongono o detengono per la vendita o per fini commerciali, offrono in vendita o comunque cedono esemplari senza la prescritta documentazione.

Come mettersi in regola: tempistiche e modulistica

C’è da dire che l’emissione di documenti per tartarughe adulte non in regola con la Convenzione di Washington non è possibile, ma anche mettere in regola tartarughe baby senza la documentazione CITES dei genitori è impossibile.

Tutta la modulistica e l’iter per regolarizzare le tartarughe parte dalla denuncia di nascita da presentare agli organi competenti entro 10 giorni dall’evento.

In questo modulo bisogna indicare il numero del documento CITES di entrambi i genitori e anche il loro numero di marcatura.

t hermanni adulta microchip

Una volta inviato il documento, la Forestale emette un numero di protocollo che servirà al Medico veterinario esperto in animali non convenzionali quando applicherà il microchip alle tartarughine.

Questa procedura dovrà essere effettuata entro un anno dalla nascita.

Se le tartarughe risultano troppo piccole per la microchippatura il Medico veterinario ha l’autorità per emettere una deroga di un anno all’impianto del nano-microchip.

Quando le tartarughe sono state microchippate da un medico veterinario, quest’ultimo emette un documento di avvenuto inserimento del nano-microchip.

Questo contiene: il numero del transponder; dove è stato inserito (zona femorale o lato collo); a che specie è stato inserito; le generalità del detentore dell’animale.

Infine, si inserisce anche il numero di protocollo della denuncia di nascita per presa visione.

In questo modo la tartaruga è in regola.

E se si vuole vendere la tartaruga?

Se si vuole poi commercializzare l’animale e richiedere la fonte C o D bisogna inoltrare alla Forestale un modulo (SCT2), compilato in ogni sua parte e pagare una tassa di circa 16 euro tramite bollettino postale.

A questo punto l’autorità competente può decidere di verificare la validità di quanto richiesto ed eseguire test del DNA per assicurarsi che la nidiata sia effettivamente figlia degli esemplari citati.

Se tutto risulta in regola viene rilasciato un documento CITES comunitario per ogni esemplare che deve essere dato all’acquirente al momento dell’acquisto della tartaruga.

In alcuni casi la tartaruga non può ottenere la fonte C o D.

Questo, ad esempio, perché è figlia di prima generazione o perché si detengono più esemplari e non si conosce bene la genitorialità, oppure perché la femmina che ha ovodeposto è stata acquistata l’anno precedente e i figli possono essere del maschio con cui viveva prima dell’acquisto.

In tali eventualità si può richiedere il certificato CITES in fonte F nel momento in cui si decide di movimentare la nuova nata, regalandola a un’altra persona.

Questa movimentazione deve essere autorizzata sempre dalla Forestale.

All’autorità competente si inviano i moduli SCT2 e SCT3 con tutti i dati del nuovo detentore dell’animale, si allega il pagamento della tassa di 16 euro circa, da effettuarsi sempre tramite bollettino postale e si aspetta l’autorizzazione.

Se la Forestale dà esito positivo viene emesso un certificato CITES giallo che comprende i dati del primo detentore (chi ha fatto nascere le tartarughe) e i dati del nuovo detentore.

Questa cosa non è presente nei certificati CITES in fonte C o D, infatti, in esso compaiono solo i dati di chi ha fatto nascere le tartarughe.

Le specie ad elevato rischio di estinzione

Un’altra cosa importante da sapere è che per le specie presenti in Allegato A, quelle il cui grado di protezione è massimo per l’elevato rischio di estinzione, lo spostamento è vietato se prima non è autorizzato dalla Forestale.

Fa eccezione lo spostamento dal Veterinario per motivi urgenti e sanitari.

Quando si deve effettuare uno spostamento definitivo (cambio di residenza) o temporaneo degli esemplari, bisogna inviare all’autorità competente il modulo SCT4 compilato in ogni sua parte.

Anche il decesso deve essere tempestivamente (entro 10 giorni) comunicato compilando e inviando alla Forestale il modulo SCT5.

Si ricorda che non è possibile conservare l’animale o parte dell’animale dopo la sua morte.

Quindi, se si decide di detenerne anche solo il carapace, bisogna chiedere alla Forestale di emettere il certificato CITES del carapace.

Testudo e ricollocamento in ambiente naturale

A oggi sono presenti dei progetti di ricollocamento delle tartarughe del genere Testudo spp. in natura, soprattutto quelle confiscate dal Corpo Forestale dello Stato, in quanto detenute in maniera illegale da associazioni o privati.

Tantissimi studi, sia sulla popolazione selvatica che sulle tartarughe sequestrate o confiscate, hanno analizzato quali fossere le corrette azioni di ricollocamento.

Infatti, per far sì che questi ricollocamenti siano corretti, è indispensabile individuare siti che offrano agli individui le risorse necessarie a soddisfare le esigenze eco-etologiche della specie di appartenenza.

Bisogna quindi valutare fattori come qualità e quantità di rifugi, disponibilità di siti adatti alla deposizione delle uova, condizioni climatiche locali ecc.

Il ricollocamento, inoltre, non deve mettere a rischio le popolazioni selvatiche eventualmente presenti, né in generale deve arrecare danni alle altre specie presenti nell’area, né al loro equilibrio ecologico.

Articolo a cura della dott.ssa Irene Vitaloni

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