La Clamidiosi: una malattia che può essere trasmessa all’uomo

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A cura di: Dott.ssa Elena Ghelfi

clamidiosi
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Clamidiosi, Ornitosi o Psittacosi sono sinonimi di una stessa malattia causata da un batterio intracellulare, la Chlamydia psittaci che può essere trasmessa all’uomo e ad altri animali.

L’uomo è un ospite accidentale di questo microrganismo.  Quest’ultimo è maggiormente diffuso tra gli psittacidi e altri volatili di affezione o selvatici (canarini, cardellini, piccioni, anatre, cigni, tacchini, fagiani).

La trasmissione del patogeno avviene per contatto diretto con l’animale ammalato ed eliminatore (la condizione fondamentale per il contagio è l’eliminazione delle clamidie vive e virulente), oppure per aerosol contaminati da polveri di feci ed escrementi.

Nei volatili affetti i sintomi sono vari e talvolta subdoli: penne arruffate, mutate di colore, astenia, anoressia, congiuntivite, fino ad arrivare a gravi polmoniti, vasculiti, urati gialli, disidratazione e morte.

I soggetti più giovani manifestano i sintomi più gravi, così pure i soggetti con gravi alterazioni al sistema immunitario (anche causato da stress, sovraffollamento, cattività per un soggetto selvatico, cattiva igiene ambientale).

Nei volatili sono diffuse forme asintomatiche e portatori sani, per questo motivo è sempre importante portare ad una visita veterinaria animali appena acquistati e non solo con sintomi conclamati per eseguire test di screening.

E LA CLAMIDIOSI NELL’UOMO?

Nell’uomo dopo una incubazione varia dai 5 ai 14 giorni dall’esposizione può evolvere in sindrome simil influenzale oppure in polmonite non produttiva con febbre molto alta.

La diagnosi nell’uomo viene eseguita mediante radiografie al torace e test anticorpali specifici, negli animali sono invece disponibili test specifici sia anticorpali sia PCR per la ricerca dell’antigene eliminati da escreti o da feci o mediante tamponi a congiuntiva, faringe e cloaca.

L’eliminazione del microrganismo, quando presente, non è costante, quindi il veterinario esperto nel settore sovente richiede campioni ripetuti o raccolti in più giorni per massimizzare la ricerca.

L’igiene è la forma di prevenzione più importante: evitando l’accumulo di feci che possono trasformare delle particelle infette in aerosol si riduce moltissimo la possibilità di contagio.

Segue poi una corretta gestione, che minimizza lo stress e quindi la caduta delle difese immunitarie, l’identificazione e isolamento dall’allevamento degli animali infetti, trattamento con adeguati antibiotici anche per lungo tempo (in genere tetracicline) prescritti da un sanitario competente, controlli sanitari.

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