Coabitazione pacifica di gatti e uccelli: utopia o realtà?

Cacciatori di piccoli roditori e di uccelli per eccellenza, i gatti vengono spesso accusati di tutti i mali dagli amici della fauna selvatica. È ammessa la caccia ai topi, ma quella degli uccelli, che rappresentano solo il 24% delle prede, sconvolge proprietari e non proprietari.

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gatti e uccelli
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Dagli anni ’90 del secolo scorso diversi studi si sono concentrati sull’impatto delle popolazioni di gatti randagi sulla piccola fauna selvatica, in particolare in località geografiche protette, come isole o in Australia, dove il gatto non faceva parte della fauna nativa. È possibile una coabitazione pacifica di gatti e uccelli?

Le osservazioni sulla predazione, principalmente a carico di roditori e piccoli mammiferi, ma anche di uccelli, hanno portato l’Associazione dei veterinari americani di medicina felina a prendere una posizione già nel 2007, aggiornata poi nel 2013, quando la International society of feline medicine (Isfm) ha pubblicato le sue prime raccomandazioni sulla gestione e il benessere dei gatti senza padrone.

Queste posizioni evidenziano le difficoltà delle popolazioni di gatti randagi (75% di mortalità a 6 mesi per i gattini) e il loro impatto sugli ecosistemi, rappresentato da una grave distruzione della fauna selvatica.

Vengono quindi richieste la sterilizzazione precoce dei gatti di proprietà (per limitare l’abbandono), campagne di cattura/sterilizzazione dei gatti randagi (e dei gattini) e di non nutrire i gatti non sterilizzati a vita libera.

Un comportamento ancestrale

Nel gattino, il comportamento di predazione può essere messo in atto a partire dal 27° giorno.

È uno degli istinti di sopravvivenza, che occupa fino alla metà del tempo di veglia per i gatti randagi che non hanno altri mezzi di sussistenza.

È quindi un comportamento che, per sua natura, è fortemente radicato nel repertorio e nei bisogni del gatto, poiché contribuisce, oltre all’apporto alimentare, a fornirgli un’importante attività intellettuale e fisica.

Tuttavia, un gatto domestico che vive in un appartamento può avere una vita equilibrata senza conoscere le gioie e le vicissitudini della caccia (incidenti stradali, trappole, ecc.).

fringuello

Un gatto non può restare 12 ore senza mangiare, è un animale che mangiucchia di continuo, i cui istinti di cacciatore riemergono se non ha accesso ai punti di alimentazione, cosa che accade quando il suo proprietario lo mette fuori durante la notte o durante il giorno.

La qualità della sua dieta, sia per quanto riguarda la consistenza (cibi umidi, che sono molto simili alla composizione della preda) che il libero accesso (quindi la libera scelta) del momento in cui il gatto si nutre, è fondamentale e partecipa all’arricchimento del suo ambiente.

È stato stabilito un legame tra la qualità della relazione con il suo proprietario, quella della sua dieta e il suo livello di predazione.

Una scelta mirata delle prede

Non tutti i gattini hanno lo stesso gusto per la predazione, alcuni sono molto dotati, altri lo sono molto meno (dall’1 al 20% non lo saranno mai), in base al loro temperamento e alla natura del loro ambiente.

I gatti sono capaci di sviluppare marcate preferenze verso un tipo di preda piuttosto che un altro (uccelli, insetti, roditori).

Uno studio ha mostrato che gli uccelli vittime dei gatti hanno milze più piccole dei loro congeneri morti accidentalmente (investiti da un’automobile o per un impatto contro una finestra), che indica un basso livello di immunocompetenza.

Allo stesso modo, i piccoli roditori catturati dai felini sono spesso molto più parassitati di quelli che sopravvivono.

I gatti scelgono quindi i soggetti più deboli all’interno delle specie preda.

Un altro studio statunitense, in un’area periurbana vicino a una foresta, ha mostrato che i gatti cacciavano principalmente nei giardini, con circa 1,67-5,54 prede per casa e per gatto al mese, e un tasso di mortalità solo del 13%.

I territori dei gatti erano di piccole dimensioni (0,24 ettari), probabilmente a causa della densità di abitazioni e gatti.

Il numero di felini che si avventuravano nella foresta non ha influito sull’abbondanza di piccoli roditori.

Il gatto, quindi, spesso è solo un capro espiatorio che si assume responsabilità che invece spettano agli effetti nocivi dell’inquinamento, dell’uso di pesticidi, all’anarchia delle costruzioni urbane a dispetto della salvaguardia della natura in senso lato (foreste, spazi erbosi, bush in Australia, siepi in Europa).

Se l’impatto dei gatti randagi è purtroppo evidente, 1.071 prede all’anno per un gatto selvatico, 273 per un gatto randagio e solo 27 per un gatto ben nutrito, è necessario considerare globalmente il problema della conservazione degli uccelli e della piccola fauna selvatica, senza mettere nell’indice tutti i proprietari e i loro gatti.

Lo stigma non è molto educativo per incoraggiarli a migliorare i loro comportamenti quotidiani. Possiamo vivere tutti in buona armonia, purché adottiamo comportamenti responsabili a tutti i livelli.

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