L’Italia, grazie alla sua geografia variegata che spazia dalle Alpi al Mediterraneo, ospita una ricca biodiversità di rettili.
Questi animali, spesso poco conosciuti e talvolta temuti, svolgono ruoli ecologici cruciali e la loro conservazione è essenziale per il mantenimento degli ecosistemi.
Alla classe dei rettili appartengono sauri (lucertole e gechi), ofidi (serpenti) e cheloni (tartarughe).
In Italia non è infrequente l’incontro con rettili autoctoni (ovvero nativi e naturalmente presenti sul territorio senza essere stati introdotti dall’uomo) che sono parte integrante degli ecosistemi italiani.
La loro presenza è indicativa della salute degli habitat naturali e della qualità ambientale.
Indice dei contenuti
Sono 5 le specie di gechi italiani
In Italia, i gechi autoctoni comprendono diverse specie che popolano varie regioni del Paese.
Il geco comune (Tarentola mauritanica), noto anche come geco mediterraneo o geco mauritano, è diffuso in gran parte dell’Italia, specialmente nelle regioni costiere del Sud.
È un geco robusto, facilmente riconoscibile per le sue grandi zampe e la pelle rugosa.
Il geco verrucoso (Hemidactylus turcicus) è un altro geco comune in Italia; presente soprattutto nelle regioni più calde del Sud e sulle isole, possiede una pelle verrucosa e ha comportamento notturno.
Il Mediodactylus kotschyi o geco di Kotschy è presente principalmente sulle isole del Mar Egeo, ma si può reperire anche in alcune zone della costa adriatica orientale (Puglia, Basilicata sud-orientale).
Il geco di Esculapio (Tarentola chazaliae), presente principalmente nelle regioni costiere meridionali e nelle isole italiane, è meno comune.
Sottospecie di Hemidactylus turcicus, il geco sardo è specifico della Sardegna e delle isole circostanti, adattatosi ai particolari habitat di queste zone.
Le lucertole autoctone italiane e la loro importanza ecologica
Questi sauri svolgono un ruolo cruciale negli ecosistemi italiani, contribuendo alla salute e alla stabilità degli ambienti naturali attraverso determinate funzioni ecologiche.
Le lucertole hanno un ruolo nella catena trofica dove occupano posizioni intermedie, agendo sia come predatori (insetti, ragni, lombrichi e altri piccoli invertebrati), che come prede per molti predatori, tra cui uccelli rapaci, serpenti, mammiferi carnivori e altri rettili.
Questo le rende componenti chiave per il trasferimento di energia tra livelli trofici diversi, e per mantenere sotto controllo le popolazioni di insetti, che altrimenti potrebbero proliferare e diventare dannosi per le piante e altri animali.
Alcune specie di lucertole possono inoltre contribuire alla dispersione dei semi attraverso il consumo di frutti.
Sono importanti indicatori ecologici, perché la loro presenza (e abbondanza) riflette la qualità dell’habitat: cambiamenti nelle popolazioni di lucertole possono segnalare variazioni nella salute dell’ecosistema come inquinamento, perdita di habitat o un mutamento climatico.
Scavando rifugi nel suolo, le lucertole contribuiscono all’aerazione del terreno, favorendo il ciclo dei nutrienti e migliorando la struttura del suolo stesso, da cui trarrà beneficio la crescita delle piante.
In alcuni casi, inoltre, le lucertole possono formare relazioni simbiotiche con altre specie, come il mutualismo con alcune piante (dispersione dei semi da un lato e protezione contro i predatori dall’altro).
Tipi di lucertole presenti in Italia
Le lucertole italiane comprendono diverse specie del genere Podarcis e Lacerta.
Il ramarro occidentale (Lacerta bilineata) è una specie diffusa in gran parte del Paese che predilige ambienti soleggiati come prati, boschi aperti, e margini dei boschi.
I maschi appaiono tipicamente di un color verde brillante e durante la stagione degli amori sviluppano a livello giugulare un’area di colore blu intenso.
La lucertola muraiola (Podarcis muralis) è tra le lucertole più comuni in Italia, spesso osservata su muri e rocce.
Questa specie possiede la capacità di variare il colore della pelle per mimetizzarsi con l’ambiente circostante.
La lucertola campestre (Podarcis sicula) è comune soprattutto nelle aree mediterranee, ha un colore che varia dal verde al marrone e può raggiungere i 25 cm di lunghezza.
La luscengola (Chalcides chalcides), dal corpo allungato e con arti rimpiccioliti che la fanno assomigliare a un piccolo serpente (da cui l’appellativo di “lucertola serpentina”), può raggiungere i 40 cm di lunghezza.
Predilige aree umide come prati e pascoli umidi, rive di laghi e di fiumi.
La lucertola tirrenica (Podarcis tiliguerta), endemica di Sardegna e Corsica, è di aspetto simile alla lucertola campestre.
La lucertola di Bedriaga (Archaeolacerta bedriagae), specie montana con un corpo robusto e squame dorsali fortemente carenate, può raggiungere i 30 cm di lunghezza.
Predilige ambienti rocciosi montuosi, spesso a quote elevate.
La lucertola vivipara (Zootoca vivipara), diffusa nelle zone alpine e prealpine, è l’unica lucertola a partorire piccoli vivi invece di deporre uova.
Vive in ambienti freschi e umidi, come paludi, torbiere, e prati alpini.
La lucertola ocellata (Timon lepidus), presente in alcune aree di Liguria e Piemonte, è una delle lucertole più grandi d’Europa, potendo superare i 60 cm di lunghezza.
Ha una colorazione verde con macchie blu (ocelli) sui fianchi e vive in ambienti rocciosi, boschi aperti e aree cespugliose, prediligendo habitat caldi e secchi.
La lucertola siciliana (Podarcis waglerianus), endemica della Sicilia, ha aspetto simile alla lucertola muraiola, dalla quale differisce per le caratteristiche delle squame e nei colori.
La lucertola di Horvath (Iberolacerta horvathi), presente in alcune aree montuose del Nord Italia, è una delle specie meno conosciute.
Ho visto un serpente! Ma quale?
L’Italia ospita diverse specie di serpenti, tra cui la natrice dal collare (Natrix natrix, un serpente semiacquatico con un caratteristico collare giallo o bianco caudalmente alla testa), una biscia non velenosa che si trova spesso vicino a corsi d’acqua, e la più temuta vipera comune (Vipera aspis).
Questa, al contrario, è una specie velenosa ed è anche la vipera più diffusa in Italia, riconoscibile per la testa triangolare e la coda corta e spessa, solitamente schiva e non aggressiva.
I serpenti svolgono ruoli importanti negli ecosistemi italiani, tra cui il controllo delle popolazioni di roditori e insetti.
Oltre alle specie descritte, altri ofidi italiani sono:
- il biacco (Hierophis viridiflavus, un serpente comune in tutta Italia, noto per la sua velocità e per il colore variabile dal nero al verde-giallastro);
- i colubri (Zamenis longissimus, Coronella austriaca, Zamenis situla, Elaphe quatuorlineata, quest’ultimo uno dei serpenti più grandi d’Italia, con lunghe linee scure lungo il corpo);
- la natrice tassellata (Natrix tessellata, serpente semiacquatico);
- il saettone occhi rossi (Zamenis lineatus);
- la vipera dell’Orsini (Vipera ursinii, presente principalmente negli Appennini centrali);
- il marasso (Vipera berus), delle regioni alpine e prealpine;
- la vipera dal corno (Vipera ammodytes), riconoscibile per il piccolo corno sulla punta del muso, presente in alcune zone orientali del Nord Italia.
Riconoscere le tartarughe
Le tartarughe in Italia rappresentano un patrimonio naturale unico che richiede la protezione e la conservazione degli habitat in cui vivono.
La perdita di habitat, la predazione da parte di specie introdotte, il commercio illegale e altri fattori minacciano la sopravvivenza di queste specie.
Di seguito quelle che si possono trovare in natura sul territorio italiano.
La tartaruga palustre (Emys orbicularis) è un indicatore della qualità dell’acqua. È una delle poche tartarughe d’acqua dolce presenti in Europa ed è considerata una specie minacciata a causa della perdita di habitat e della predazione da parte di specie introdotte.
In Sicilia è presente una sottopopolazione (Emys trinacris).
La tartaruga greca (Testudo graeca ssp. ibera), nota anche come tartaruga greca dell’Adriatico, è endemica della regione costiera dell’Adriatico.
È una delle sottospecie di tartaruga greca più minacciate.
La tartaruga di Hermann (Testudo hermanni) è una specie complessa, con diverse sottospecie presenti in varie parti del Mediterraneo.
La sottospecie Testudo hermanni hermanni è endemica della Corsica e della Sardegna.
Diverse sono le sottopopolazioni diffuse in tutta la penisola con alcune caratteristiche peculiari di un certo areale.
La tartaruga marginata (Testudo marginata) è originaria della Grecia ed è stata introdotta in Sardegna dall’uomo all’epoca dei Fenici, dunque è considerata “naturalizzata”.
Le normative sulla protezione dei rettili in Italia
In Italia la normativa specifica per i rettili è principalmente regolata da leggi nazionali e regionali (le regioni italiane possono adottare normative specifiche per la protezione della fauna selvatica presente nell’areale), nonché da convenzioni internazionali.
Le normative italiane mirano a garantire la conservazione delle specie di rettili autoctone e dei loro habitat naturali, prevenendo minacce come la caccia e il commercio illegale, nonché promuovendo la ricerca scientifica e la sensibilizzazione pubblica sulla conservazione della biodiversità.
Oltre alle normative nazionali e regionali, possono essere formulate anche ordinanze e provvedimenti di carattere locale.
L’Italia è parte inoltre di diverse convenzioni internazionali che riguardano la conservazione della fauna selvatica.
Tra queste la Convenzione di Berna, che si occupa della conservazione della vita selvatica e dei suoi habitat in Europa, con disposizioni specifiche per la protezione di molte specie di rettili, e la Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate di Fauna e Flora Selvatiche (CITES), che regola il commercio internazionale di specie di flora e fauna minacciate di estinzione.
Alcune specie di rettili sono elencate negli allegati della convenzione e soggette a restrizioni commerciali.
Le minacce sui rettili italiani
Contaminanti
Diversi rettili, come tartarughe e serpenti, sono a rischio di estinzione a causa della contaminazione dei loro habitat naturali.
I principali contaminanti sono:
- pesticidi ed erbicidi (glifosato, DDT, altri organoclorurrati);
- metalli pesanti (piombo, mercurio e cadmio) presenti nelle acque e nel suolo;
- plastica e microplastiche che, se ingerite, possono causare soffocamento, ostruzione intestinale e/o intossicazione chimica;
- inquinamento atmosferico da ossidi di azoto, anidride solforosa e composti organici volatili depositatisi su suolo e acque.
Specie invasive
Un’altra seria problematica è rappresentata dalla diffusione di specie invasive, come la tartaruga dalle orecchie rosse (Trachemys scripta elegans), il serpente bruno arboricolo (originario del sud-est asiatico), il gambero della Louisiana.
La presenza di specie autoctone e alloctone può portare a:
- competizione diretta per le risorse, ovvero cibo, habitat e altre risorse come i siti di basking, ovvero le aree dove riscaldarsi al sole, per quanto riguarda le tartarughe palustri;
- predazione diretta da parte delle specie invasive su rettili e anfibi autoctoni;
- alterazione degli habitat, resi meno adatti per le specie native dalle specie invasive;
- ibridazione, con perdita di purezza genetica e conseguente riduzione della filogenetica della popolazione ibrida ed eventuale perdita di adattamenti locali cruciali per la sopravvivenza;
- effetti indiretti sulla catena alimentare, poiché le specie invasive possono influenzare indirettamente le popolazioni di rettili e anfibi modificando la struttura della catena alimentare.
Ad esempio, la riduzione delle popolazioni di insetti autoctoni causata da predatori invasivi può limitare le fonti di cibo disponibili per i rettili e gli anfibi insettivori.
La salvaguardia delle specie
In Italia, diverse iniziative mirano a proteggere queste specie. Le aree protette, come i parchi nazionali (ad esempio, il Parco Nazionale del Gran Paradiso e il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise), offrono rifugio negli habitat naturali.
Programmi di riproduzione in cattività e reintroduzione, monitoraggio delle popolazioni e progetti educativi sono poi fondamentali per sensibilizzare il pubblico sull’importanza di questi animali.
Articolo di Marta Conti, Medico veterinario, GPCert EX-AP, Master II livello Gestione della Fauna Selvatica