Avevamo parlato in precedenza dell’importanza della vaccinazione come strumento di prevenzione verso i danni e la mortalità causata da alcune patologie estremamente gravi e letali. La Mixomatosi è la prima di queste malattia di natura virale di cui andremo a parlare.
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Cos’è la mixomatosi e come si trasmette?
Si tratta di una patologia causata da virus estremamente contagioso, del quale esistono diversi ceppi.
Le vie di trasmissione sono numerose: si parte dal contatto diretto, quindi per vicinanza o presenza all’interno dello stesso ambiente, tra soggetti malati o infetti ed animali sani, fino ad arrivare alla cosiddetta “via indiretta”.
Questa seconda opzione è molto “imprevedibile” in quanto il virus può sopravvivere anche a lungo nell’ambiente, pertanto se un coniglio sano si trova a frequentare un luogo nel quale in precedenza sia stato presente un soggetto infetto, il rischio di contagio è tutt’altro che remoto.
Inoltre la trasmissione della malattia attraverso un vettore, ovvero una zanzara, una pulce, un pidocchio, una zecca o una mosca, è un’altra delle vie preferenziali di diffusione del virus.
Sfruttando gli insetti alati, come è facilmente immaginabile, il virus della mixomatosi può essere veicolato anche a grandi distanze.
La stagione calda, nella quale sono presenti i vettori ematofagi in gran numero, è quella in cui il livello di attenzione deve essere massimo.
Un po’ di storia e un po’ di attualità
La mixomatosi ha una sua tragica storia personale. La prima segnalazione ufficiale del virus risale alla fine del 1800 in America Meridionale (Uruguay).
A quell’epoca i mezzi di comunicazione erano scarsi per cui è difficile capire se vi fossero stati casi antecedenti a questo periodo.
Successivamente sono stati segnalati dei focolai in California nel 1930. In Australia, terra lontana nella quale il coniglio è stato introdotto ad opera dell’uomo, si erano create delle colonie composte da milioni di soggetti che devastavano l’agricoltura, pertanto, per contenere la diffusione incontrollata di questi lagomorfi, la malattia fu introdotta volontariamente nel 1950 – una sorta di lotta biologia – e causò lo sterminio della maggior parte dei conigli presenti nel Continente.
Negli anni ’50 del secolo scorso la mixomatosi è comparsa in Europa, Italia compresa.
Oggi questa patologia è endemica nel nostro Paese, il che significa che è diffusa più o meno ovunque e ogni tanto si rende responsabile di stragi sia nei conigli selvatici che in quelli a vita libera presenti nelle aree urbane, compresi i soggetti da compagnia e quelli da carne.
Solamente nell’ultimo decennio sono stati segnalati diversi focolai, soprattutto in nord Italia (ad es. Lombardia, Trentino, Emilia Romagna, Friuli, ecc.).
Come si manifesta la mixomatosi?
Senza entrare nel dettaglio della patogenesi e dei segni clinici, poiché la diagnosi spetta comunque al veterinario, la mixomatosi si manifesta in maniera molto caratteristica e facilmente riconoscibile, in quanto sul corpo dell’animale, in particolare all’interno della pinna auricolare, sulle labbra, sulle palpebre e sui genitali, compaiono dei caratteristici “bozzi “ (il termine tecnico è “mixomi”) di dimensione variabile, da una lenticchia fino ad una nocciola, che possono addirittura arrivare a deformare il muso dell’animale e determinare la chiusura degli occhi.
Questi “noduli” possono anche ulcerarsi, lasciando spazio ad infezioni batteriche secondarie.
Una forma particolare della mixomatosi interessa anche l’apparato respiratorio. Il coniglio può presentarsi depresso, apatico, rifiutare il cibo e, nei casi più gravi, morire in breve tempo.
In caso di sospetto, soprattutto quando si noti la comparsa di noduli nelle aree anatomiche sopra indicate, bisogna immediatamente rivolgersi al veterinario.
Esiste una cura per la mixomatosi?
Non esistono cure specifiche per la mixomatosi, se non terapie di supporto, non sempre efficaci.
Al momento il miglior sistema di prevenzione risultano essere la vaccinazione e la prudenza: della prima abbiamo già discusso in precedenza, e non bisogna mai sottovalutarne l’importanza, mentre per quel che riguarda la seconda è necessario innanzitutto un’accurata lotta ai parassiti (antiparassitari, trappole per insetti e zanzariere, evitare il ristagno di acqua che favorisce la riproduzione delle zanzare, ecc.), potenziali veicoli del patogeno soprattutto in caso di focolaio o nelle aree endemiche, proteggere il coniglio durante la movimentazione verso aree a rischio, ed evitare il contatto con animali non vaccinati.
Per quel che riguarda gli antiparassitari è necessario ricordare che non tutte le molecole presenti in commercio possono essere utilizzate sul coniglio, pertanto anche in questo caso è bene chiedere consiglio al veterinario.
A cura del Dott. Cristiano Papeschi