L’appropriazione di cane altrui e la rivendicazione di proprietà

Dimostrare di essere proprietari di un cane può diventare un problema, se l’animale finisce nelle mani di un terzo, che non intende rinunciare al possesso.

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A cura di: Dott.ssa Paola Fossati

rivendicazione di proprietà
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Per un proprietario la rivendicazione di proprietà di un cane può avvenire in diversi modi, riassumibili in: compravendita, allevamento, affidamento da rifugio o donazione tra privati.

Per quanto riguarda le attività di allevamento, esistono specifiche norme regionali e, in riferimento alle attività legate alla selezione delle razze canine, anche le disposizioni stabilite dall’Ente nazionale della cinofilia italiana (Enci) e dalla Federazione cinologica internazionale (FCI), a cui l’Enci è affiliato.

L’Enci cura la tenuta e la pubblicazione dei “Libri genealogici italiani dei cani di razza pura” e i relativi controlli; vi sono iscritti gli animali riproduttori di una determinata razza con l’indicazione dei loro ascendenti e delle prestazioni riproduttive e produttive.

L’iscrizione di un cane al libro genealogico, unitamente ai suoi dati anagrafici, ai dati dell’allevatore e a quelli dell’eventuale acquirente, sono riportati nel pedigree di tale soggetto, un documento ufficiale rilasciato dell’Enci per certificare quanto sopra riportato.

Come si diventa proprietario di un cane?

In base al regolamento internazionale di allevamento della FCI, che tutti i Paesi membri e partner di contratto della FCI stessa devono rispettare, il “proprietario” di un cane è “la persona che ha legalmente acquisito l’animale, si trova in suo possesso e può provarlo con la detenzione, correttamente certificata, di un certificato d’iscrizione e un pedigree validi.”

In base al codice civile, gli animali, quindi anche i cani, sono beni mobili, che non devono essere iscritti in pubblici registri. Con un contratto si può trasmettere (e dall’altro lato acquistare) il diritto di proprietà già per effetto della manifestazione di volontà di concludere la vendita (art. 1376 c.c.).

Significa che un contratto di compravendita di un cane è efficace anche se non è stipulato in forma scritta; è sufficiente la dichiarazione (a voce o con cenni), da parte del compratore e del venditore, di volere realizzare il passaggio di proprietà.

La proprietà e il possesso

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge (art. 42, comma 2, Cost.). Il diritto di proprietà conferisce a chi ne è titolare (proprietario) la possibilità di godere e disporre di un bene in modo pieno ed esclusivo, nel rispetto della legge (art. 832 c.c.). Il concetto di “possesso” si distingue, invece, da quello di proprietà perché non corri- sponde a un pieno diritto, ma a una “situazione di fatto”: si utilizza una cosa o se ne dispone, nei modi e con i poteri tipici del proprietario (art. 1140 c.c.), anche se non si è legalmente titolari del diritto di proprietà.

uomo con cane bianco

Rispetto al possesso, l’ordinamento nazionale (art. 1153 c.c.) prevede una regola generale per la quale colui che possiede una cosa mobile, che gli sia stata trasferita da parte di chi non è proprietario, ne “acquista la proprietà” per effetto del possesso immediatamente, cioè nel momento stesso in cui la riceve in consegna e inizia a possederla (possesso vale titolo), purché egli sia in buona fede e la consegna avvenga in forza di un “titolo astrattamente idoneo” al trasferimento della proprietà (quale è la dichiarazione di volontà con la quale si intende produrre l’effetto giuridico del trasferimento di proprietà stesso).

In altre parole, una persona, alla quale sono venduti beni mobili (fatta eccezione per le universalità di mobili, ad es. i libri di una biblioteca o un gregge, e per i beni mobili registrati, ad es. un’automobile) da parte di chi non ne è proprietario, ne acquista la proprietà per effetto di esserne entrata in possesso, a patto che sia in buona fede al momento della consegna (art. 1153 c.c.).

Il reale proprietario potrà chiederne la restituzione, ma a tal fine dovrà provare in giudizio la piena e legittima titolarità del suo diritto su quei beni (l’esistenza del suo diritto di proprietà).

La proprietà del cane e il valore dell’anagrafe degli animali d’affezione

Un cane deve, comunque, essere identificato con un microchip, il cui numero univoco è collegato al nominativo di un proprietario ed eventualmente di un detentore, e iscritto all’anagrafe regionale degli animali d’affezione, la banca dati che costituisce il registro ufficiale dei cani presenti sul territorio.

La finalità dello strumento anagrafe è, però, principalmente quella di poter attribuire le responsabilità e i doveri derivanti dalla condizione di proprietario/possessore di un cane.

Inoltre, occorre tenere presente che la registrazione in anagrafe o la comunicazione alla stessa di un trasferimento di proprietà oppure del decesso di un animale, in base alle leggi regionali in materia di tutela degli animali da compagnia e prevenzione del randagismo, può essere fatta entro un arco di giorni.

Poiché, invece, come sopra ricordato, il passaggio di proprietà di un cane può avvenire anche in forma contestuale all’espressione della volontà di compravenderlo senza trascrizioni formali, esiste la possibilità che tale atto si perfezioni mentre la modifica dell’intestazione in anagrafe non è ancora avvenuta.

Ne consegue che l’anagrafe stessa può non essere indicativa della effettiva proprietà di un animale, almeno in alcuni momenti della sua vita.

La proprietà del cane e le regole della FCI

Secondo le regole FCI ed Enci, il “proprietario” di un cane è la persona che può provare di averlo acquisito legalmente e di avere la detenzione “correttamente certificata, di un certificato d’iscrizione e un pedigree validi”.

Occorre però rilevare che tali documenti rivestono più che altro il valore di strumento identificativo di un soggetto all’interno di una razza; l’indicazione della proprietà del cane o di un eventuale passaggio della stessa, in essi contenuta, potrà avere, invece, un valore solo “indiziario”, trattandosi in pratica di un riconoscimento “privato” (per quanto ufficiale rispetto all’ente che lo ha rilasciato), valido nel momento in cui i documenti sono stati sottoscritti, ma da comprovare in fasi successive, in forza dell’istantaneità degli effetti di possibili negozi giuridici perfezionati in tempi seguenti.

Conclusioni sulla rivendicazione di proprietà

Le informazioni e le considerazioni sopra esposte evidenziano che chiunque voglia affermare che un cane sia di sua proprietà deve fornirne la prova.

Per questo può utilizzare tutti i mezzi ammessi dalla legge, anche indiretti. In quest’ultimo caso, si può ricorrere alle cosiddette “presunzioni” (purché queste siano gravi, precise e concordanti), cioè alla ricostruzione dei fatti su base indiziaria, secondo un ragionamento induttivo (presunzione), che il giudice valuterà.

Trattando di beni mobili si richiama il principio del “possesso vale titolo”, come ipotesi per fondare lo stato di fatto, almeno fino a quando la controparte non sia riuscita a dimostrare il proprio diritto di proprietà.

A tale scopo, emerge l’importanza di disporre di prove dell’acquisto della proprietà del cane (es. fatture o scritture private di cessione gratuita) in data anteriore a quando il cane sia eventualmente ritrovato in possesso di altri.

L’iscrizione all’anagrafe e il pedigree possono essere considerati prove documentali, la cui veridicità al momento dei fatti e in quello in cui sono esibite deve però poter essere dimostrata.

Una prova documentale più stringente può essere fornita producendo la fattura relativa all’acquisto del cane, debitamente sottoscritta dal venditore e accettata dall’acquirente, che abbia una data anteriore alla controversia e non sia superata da altra prova di contratto stipulato in un tempo successivo.

Potrà essere, poi, dirimente poter produrre un titolo in forza del quale dimostrare un motivo per cui il cane si trovi presso il terzo (un contratto di vendita con riserva di proprietà, di deposito, ecc.); un titolo cioè che, letto nell’interesse del proprietario (dunque in senso opposto a quello sopra citato), dimostri che questa persona aveva il cane momentaneamente, ma era tenuto a restituirlo.

A cura della Dott.ssa Paola Fossati 

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