Quello dell’impiego degli animali utilizzati a fini sperimentali nella ricerca è sempre stato un argomento molto dibattuto nel nostro Paese, con un grande impatto sull’opinione pubblica.
Tuttavia, nonostante i progressi scientifici e tecnologici, sembra ancora impossibile riuscire a prescindere completamente dall’utilizzo dei modelli animali, indispensabili per il raggiungimento di molti degli obiettivi che la biologia e la medicina si prefiggono.
Ogni anno, in Italia e in Europa, sono molti gli animali che vengono impiegati all’interno di studi e ricerche scientifiche.
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I numeri
I dati statistici, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale nel mese di febbraio e relativi all’anno 2017, parlano chiaro: 575.000 soggetti utilizzati, circa 36.000 in meno rispetto al 2016 nel quale sarebbero stati impiegati poco più di 607.000 animali.
Dal 1998 a oggi il numero totale degli animali impiegati a fini scientifici si è quasi dimezzato, passando da oltre un milione a meno di seicentomila.
Il 2017 è stato, dunque, l’anno del minimo storico di questo trend in calo.
Quali sono gli animali utilizzati a fini sperimentali?
Le specie animali utilizzate a fini sperimentali nel nostro Paese previste dalla normativa vigente sono numerose.
I topi e i ratti, insieme, sono gli animali più utilizzati, rappresentando rispettivamente oltre il 90% e poco più dell’80% del numero totale degli animali impiegati. I numeri sono decisamente inferiori per quel che riguarda le altre specie.
Sebbene molto utilizzati nella sperimentazione animale, i numeri relativi a conigli, porcellini d’India e altri roditori sono notevolmente più bassi rispetto a topi e ratti, dai quali si discostano di uno o addirittura due zeri.
Nonostante il generale trend in calo per quel che riguarda i conigli, negli ultimi tre anni il loro impiego è in tendenziale aumento, contrariamente ai porcellini d’India, per i quali i numeri si mantengono più o meno costanti con leggere oscillazioni su base annuale, e gli altri roditori per i quali ormai si tratta di poche centinaia di unità.
Molto costante nel corso degli anni si è mantenuto l’utilizzo dei primati non umani che nel 2017 non sono arrivati a 550 soggetti, mentre il numero di cani impiegati a fini scientifici è in leggero calo e i gatti, si può affermare ormai con una certa sicurezza, non vengono praticamente più utilizzati.
Il numero degli anfibi impiegati a fini sperimentali è decisamente basso e abbastanza costante negli anni.
Non indifferente l’impiego di volatili il cui numero, dal 2002 al 2017, è rimasto costante attestandosi, con qualche oscillazione, su una media di circa 30.000 soggetti all’anno.
Più difficile, invece, commentare la rilevanza dei pesci il cui utilizzo è stato molto altalenante.
FONTE: LaSettimanaVeterinaria