Il camoscio alpino, lo scalatore indiscusso delle Alpi

Il camoscio è l’indiscusso frequentatore e abitante degli ambienti di alta quota, come le Alpi.

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Il camoscio alpino (Rupicapra r. rupicapra) è un ruminante selvatico dal grande fascino che caratterizza con la sua presenza gran parte del territorio alpino, dove è presente una popolazione ben distribuita e strutturata.

Quanti esemplari sono presenti in Italia?

Gli ultimi dati a disposizione stimano la presenza di questo ungulato sull’arco alpino italiano in oltre 123.000 capi (dati Commissione ungulati UNCZA – 2018).

In Italia è presente anche il Camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata), le cui popolazioni vivono nelle porzioni centrali della catena montuosa appenninica e i soggetti presentano pesi e dimensioni inferiori rispetto al camoscio alpino, oltre che una sostanziale differenza nella colorazione del mantello e nel comportamento.

Le corna sono utili per stabilire l’età dei camosci

Il camoscio presenta in entrambi i sessi corna permanenti ad accrescimento continuo. Sono corna cave e la crescita di quest’ultime subisce un arresto in autunno per poi riprendere in primavera, ma senza cadere (contrariamente a quanto succede nei maschi di capriolo, cervo e daino).

Questo aspetto è importante perché, attraverso queste interruzioni, si formano delle linee di accrescimento, chiamate anche ‘pause’ o ‘inverni’ o ‘linee della fame’, che permettono di stabilire in modo esatto l’età del soggetto.

Morfologicamente, le corna si differenziano tra i due sessi. Quelle dei maschi hanno un diametro alla base solitamente maggiore rispetto a quelle delle femmine e possiedono un’uncinatura nella parte terminale del corno.

Come poter osservare il camoscio?

L’incontro con un camoscio non è semplice. Animale diffidente nei confronti dell’uomo, il camoscio si muove con ritmi giornalieri e abitudini molte diverse rispetto alle nostre.

Non teme il freddo e predilige le pareti verticali dove trova rifugio e fugge di fronte a un pericolo, in quanto si sente protetto e difficilmente raggiungibile.

Se vogliamo osservarli, dobbiamo quindi adeguarci ai loro ritmi e metterci alla loro ricerca dotati di apposita strumentazione ottica, preferibilmente in luoghi poco frequentati da escursionisti o sciatori e in orari della giornata vicini all’alba o al tramonto.

FONTE: LaSettimanaVeterinaria

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