Cosa e come vedono i pesci?

Come i pesci vedono e utilizzano i colori per mimetizzarsi, comunicare e stabilire relazioni sociali è segno della complessità del loro adattamento evolutivo. Un esempio ci viene dagli abitanti della barriera corallina.

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l sistema visivo dei pesci e come vedono ha sempre affascinato gli scienziati per ragioni diverse.

È stato utilizzato come sistema modello non solo nelle scienze visive, ma anche nelle neuroscienze, nelle scienze comportamentali, ecc.

Il sistema visivo dei pesci

I primi studi sono stati fatti su ciprinidi, come il pesce rosso (Carassius auratus), considerato come la specie modello.

Tuttavia, nei pesci non esiste un singolo “sistema visivo”, piuttosto esiste un’enorme diversità di pesci e un’enorme variabilità di capacità visive.

Ambienti diversi, pesci diversi

Secondo FishBase (fishbase.org), sistema informativo mondiale sulla biodiversità dei pesci, esistono più di 35.000 specie di pesci che vivono in habitat vari: dalle barriere coralline illuminate dal sole tropicale, alle profondità abissali del mare, a limpidi laghi d’acqua dolce, fiumi torbidi, grotte buie, ecc.

Questi ambienti influiscono ponendo vincoli precisi al sistema visivo dei pesci che necessariamente adegueranno struttura e motilità dell’occhio, diversità dei pigmenti visivi, topografia dei fotorecettori a livello retinico, ecc.

La visione e il linguaggio dei colori dei pesci della barriera corallina

Un esempio estremamente interessante può essere rappresentato dalla visione dei colori e dalla comunicazione nei pesci della barriera corallina.

Chiunque abbia fatto snorkeling o immersioni su una barriera corallina rimane incantato dalla bellezza e dalla varietà di forme e colori dei pesci che vivono in questo ambiente.

Oggi, comprendere il linguaggio dei colori dei pesci di barriera e la struttura degli occhi che decodificano il loro messaggio ci permette di apprezzare ancora di più questo mondo subacqueo.

È importante comprendere che il colore non esiste realmente nell’ambiente: gli oggetti riflettono diverse lunghezze d’onda della luce a seconda delle loro proprietà fisiche o pigmentarie.

I fotorecettori, generalmente coni per la visione dei colori, assorbono questa luce e la convertono in segnali elettrici che sono inviati al cervello.

Il processo di combinazione e interpretazione di questi segnali ci dà la percezione del colore.

Tuttavia, questo varia significativamente tra le specie animali.

Comunicazione e anti-comunicazione

Le barriere coralline sono probabilmente uno degli ecosistemi più densamente popolati del pianeta, se consideriamo il numero di organismi presenti per metro cubo.

Questo fornisce indizi sulla diversità dei colori dei pesci e degli altri animali che vi abitano.

Gli abitanti della barriera corallina sono in costante comunicazione o “anti-comunicazione” tra loro.

Già Konrad Lorenz, che ha contribuito a molti principi sul comportamento animale, ha detto delle barriere coralline che “non c’è in tutto il mondo nessun altro biotopo che abbia prodotto, in gruppi di animali così strettamente affini, un numero uguale di forme estremamente specializzate”.

Parlava principalmente dei pesci e della loro varietà di forme e colori, introducendo l’idea che colori vivaci potessero permettere ai pesci di identificarsi come specie e stabilire una struttura sociale gerarchica o comunque sociale.

L’anti-comunicazione, ovvero il tentativo di nascondersi o mimetizzarsi, è strettamente legata alla fisica della luce sulle barriere coralline e agli occhi che tentano di riconoscere gli individui mimetizzati.

La stessa relazione esiste tra la luce e il colore utilizzati nella comunicazione attiva.

Molti pesci di barriera hanno colori brillanti per pubblicizzare la loro tossicità o altre difese, come fanno diverse specie di pesci chirurgo, che esaltano con colorazioni vistose la presenza del tagliente stiletto retrattile presente su entrambi i lati del peduncolo caudale e utilizzato come strumento di difesa.

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Come vedono i pesci che vivono in profondità

Le specie che vivono nella parte più superiore della barriera corallina hanno a che fare con una luce diurna comprendente uno spettro più completo di colori, analogo a quello presente al di fuori dell’acqua.

Quando però aumenta la profondità, però, lo scenario subacqueo cambia.

Il colore più diffuso diventa rapidamente il blu e i pesci di barriera hanno evoluto colori e sistemi visivi adatti alle lunghezze d’onda della luce trasmesse meglio dall’acqua, prevalentemente nell’ultravioletto, blu e verde.

Nascondersi alla vista

Anche il mimetismo può essere ottenuto abbinando colore, intensità e consistenza del substrato della barriera corallina.

Inoltre, forme corporee audaci e contrastanti possono confondere i predatori.

La luce solare tropicale, attraversando le onde, i rami dei coralli e le altre strutture della barriera corallina, crea un ambiente ad alto contrasto, dove la tridimensionalità è estremamente complessa e i colori dei pesci devono essere valutati in questo contesto.

Sembra che i colori adottati per ottimizzare il mimetismo e/o comunicare in maniera efficace in questo habitat siano il giallo e il blu.

Molte specie del reef corallino, infatti, sono colorate prevalentemente con questi colori, il cui contrasto che deriva dalla loro presenza sembra rendere più visibili i pesci nel contesto complesso della barriera.

Il pesce pulitore e l’effetto positivo della colorazione

Un esempio evidente di come la colorazione possa comunicare positivamente sembra essere quello offerto da Labroides dimidiatus o labride pulitore.

Caratterizzato da un corpo fusiforme con testa piccola e una livrea sviluppata in senso longitudinale di colore bianco, celeste e nero, con una sfumatura di giallo nella parte più anteriore, è un pesce molto diffuso negli acquari.

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Questa specie, insieme ad altre simili, è conosciuta come “pesce pulitore” e in natura, come in acquario, offre “servizi” di pulizia della pelle, della bocca e delle branchie ad altri pesci, anche di grandi dimensioni.

Infatti, i pesci non riescono facilmente a liberarsi dei parassiti che possono infestarli e con il labride pulitore hanno sviluppato una collaborazione mutualistica molto diffusa.

Questi pesci pulitori riescono infatti a entrare anche nella bocca di pesci di grandi dimensioni al fine di alimentarsi di pelle morta, squame danneggiate, parassiti, ecc.

I labridi creano delle vere e proprie stazioni di pulizia nel reef corallino e i pesci che necessitano di aiuto, imparano in fretta dove devono recarsi per essere puliti.

E per “pubblicizzare” questa attività, i pesci pulitori si prodigano in danze e movimenti con cui segnalano la propria presenza.

In questo caso colori e movimenti precisi comunicano alle altre specie qualcosa di molto dettagliato.

Questa relazione è talmente ben radicata che altri pesci ne hanno tratto vantaggio, sviluppando una livrea simile per raggiungere le loro prede in maniera fulminea e morderle (Plagiotremus rhinorhynchos).

Articolo di Gianpiero Nieddu, Medico veterinario esperto in pesci d’acquario e animali non convenzionali

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