Il megaesofago nel cane: tutto quello che c’è da sapere

Il megaesofago può riconoscere differenti livelli di gravità e, nelle forme più lievi, può anche essere asintomatico o quantomeno evolvere in maniera subdola, cioè con sintomi così lieve e discontinui da poter essere non evidenziabili o sottovalutati.

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A cura di: Prof. Matteo Cerquetella 

il megaesofago
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Il termine megaesofago sta ad indicare una dilatazione anomala dell’esofago (il tratto tubulare che dalla bocca porta il cibo, una volta ingerito, allo stomaco).

Tale patologia può essere congenita (presente sin dalla nascita) o acquisita (ad un certo punto della vita subentra una condizione morbosa che sarà poi alla base della dilatazione dell’organo, anche se non sempre è possibile individuare tale condizione, entrando nel qual caso nel concetto di forme idiopatiche).

Il megaesofago può riconoscere differenti livelli di gravità e, nelle forme più lievi, può anche essere asintomatico o quantomeno evolvere in maniera subdola, cioè con sintomi così lieve e discontinui da poter essere non evidenziabili o sottovalutati.

Megaesofago, quali sono i sintomi?

Il sintomo più frequente è il rigurgito, che consiste nell’espulsione all’esterno di cibo proveniente dall’esofago; tale cibo, infatti, a causa della dilatazione anomala dell’organo e della conseguente riduzione della sua motilità, non riesce a raggiungere lo stomaco, ma ristagna a livello dell’esofago, dilatandolo, per poi essere appunto rigurgitato all’esterno.

Il rigurgito si può manifestare sia subito dopo il pasto, che a distanza anche di alcune ore dallo stesso.

Il rigurgito va differenziato dal vomito

Tale sintomo deve essere differenziato dal vomito, che invece rappresenta l’espulsione forzata del cibo proveniente dallo stomaco; può aiutare in questo sia il fatto che il rigurgito avviene senza la contrattura dei muscoli addominali e senza essere preceduto da nausea (con ipersalivazione) e conati, sia l’aspetto del materiale espettorato, che nel caso del rigurgito è rappresentato dal cibo tal quale (così come è stato ingerito), mentre nel caso del vomito, essendo il cibo già arrivato a livello dello stomaco, appare in genere più poltiglioso in quanto già mescolato ai succhi gastrici.

Peraltro, il rigurgito non è solo riconducibile al megaesofago, ma più in generale ad una patologia in sede intratoracica: ad esempio una massa intratoracica in grado di comprimere dall’esterno l’esofago, occludendone di conseguenza il lume, può ugualmente essere causa di rigurgito pur non essendo una condizione primariamente esofagea.

Il rigurgito può condizionare un ritardato accrescimento nei giovani soggetti o comunque un dimagramento progressivo; peraltro, il corredo sintomatologico del megaesofago è sicuramente molto variabile, potendo dipendere anche dalla malattia primitiva che può esserne alla base.

Polmonite ab-ingestis, la più temibile sequela del megaesofago

Il continuo rigurgito di materiale alimentare dall’esofago può comportare una patologica aspirazione di tale materiale a livello respiratorio (anche in relazione al fatto che il rigurgito non è accompagnato dalla concomitante chiusura della laringe), causando quella che rappresenta la più temibile sequela del megaesofago e cioè la polmonite ab-ingestis, condizione che può portare anche a morte l’animale.

Il riscontro reiterato del rigurgito sul proprio cane, eventualmente associato ad altri sintomi, deve indurre a rivolgersi al proprio Medico Veterinario di fiducia, che saprà mettere in atto un iter diagnostico appropriato, in grado non solo di capire se si tratta effettivamente di una condizione di megaesofago, ma anche, se possibile, di risalire alla condizione morbosa che può esserne alla base; le indagini diagnostiche più utili per verificare la dilatazione dell’esofago sono sicuramente rappresentate dall’esame radiografico e da quello endoscopico.

Come si cura il megaesofago?

Purtroppo, non esistono terapie in grado di risolvere questa problematica. A parte il trattamento dell’eventuale causa primaria e delle possibili complicazioni (es. antibiotici in caso di polmonite ab-ingestis), il ricorso alla somministrazione di farmaci procinetici, in grado cioè di aumentare il tono muscolare dell’esofago e di stimolare la progressione del cibo, non risulta generalmente utile, mentre quella di gastroprotettori può apportare solo qualche beneficio in presenza di una concomitante infiammazione dell’esofago.

Il trattamento più efficace rimane quello relativo alle modalità di alimentazione, che consistono nel somministrare cibo e acqua in piccole quantità, tenendo l’animale, durante la deglutizione, in posizione verticale (cosa ottenibile ponendo le ciotole su di un piano rialzato e facendo assumere all’animale la posizione seduta), in modo che l’alimento possa scendere per gravità lungo l’esofago fino ad arrivare allo stomaco; sarà il proprio Medico Veterinario di fiducia a consigliare, caso per caso, ulteriori specifiche sulla modalità di alimentazione, riferite alla consistenza del cibo (più o meno liquido), al tempo in cui l’animale deve rimanere in posizione verticale dopo aver mangiato etc.

Nelle forme di megaesofago congenito e idiopatico acquisito, qualche speranza per il futuro è affidata allo studio di nuove tecniche chirurgiche.

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