Maltrattamento genetico, quando l’estetica di razza è dettata dalla moda

Il maltrattamento genetico è un tema di grande attualità, anche se non è materia di recente esordio.

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maltrattamento genetico
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Lo standard di razza è quell’insieme di specifiche caratteristiche che un animale dovrebbe avere per rientrare in una determinata razza. Quando, però, si spinge la selezione all’estremo per privilegiare alcuni caratteri esclusivamente estetici, ecco che si configura il maltrattamento genetico.

È una forma di maltrattamento ben più grave della semplice sofferenza inflitta a un singolo animale poiché, al contrario, riguarda un elevato numero di soggetti e può essere perpetrata per molte generazioni a venire.

Cosa alimenta il maltrattamento genetico?

La colpa non è solo degli allevatori, ma la responsabilità è da imputare per lo più alle richieste di mercato e ai desideri di un pubblico sempre più esigente che così facendo non guarda – senza rendersene conto – al benessere animale, ma mira solo alla soddisfazione di un capriccio generato dai messaggi subliminali che arrivano dalla società.

La storia si ripete e tutti noi abbiamo avuto modo di assistere, nel corso del tempo, al boom di questa o quell’altra razza, magari in concomitanza dell’uscita di un film di successo oppure, in tempi più recenti, per il desiderio di possedere un cane o un gatto come quello delle star della televisione o degli influencer del web che ci martellano quotidianamente con le loro immagini e video sui social.

Mode volubili, temporanee e passeggere con alle spalle un grandissimo giro di soldi, purtroppo a spese degli animali che, per quanto esteticamente carini e “perfetti”, pagano il fio della nostra superficialità dovendo convivere con problemi fisici che ne compromettono la qualità della vita o, addirittura, la sopravvivenza.

Già negli anni ’60 del secolo scorso ha iniziato a crescere, in seno al mondo veterinario, una certa consapevolezza dell’importanza del “sano” rispetto al “bello” e qualcosa, a livello europeo, sta incominciando a muoversi, seppur lentamente e con difficoltà.

Anche nel nostro Paese qualcosa inizia a delinearsi in questo senso, come ad esempio la costituzione del Cbv (Comitato bioetico per la Veterinaria), nel 2018, o la nascita di associazioni come Asetra (Associazione di studi etologici e tutela della relazione con gli animali).

Uno dei compiti dei medici veterinari è di far comprendere ai proprietari che l’apprezzamento dei caratteri esclusivamente estetici non giustifica la sofferenza di un animale che deve condurre la propria esistenza costantemente malato per una debolezza costituzionale conseguenza di una selezione estrema.

In poche parole: quando “bello” vuol dire maltrattamento genetico.

FONTE: La Settimana Veterinaria

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