Apparato Locomotore

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A cura di: Prof.ssa Angela Palumbo Piccionello, Dott. Giuliano Pedrani

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L’apparato locomotore, o muscolo-scheletrico, rappresenta la struttura portante dei vertebrati e fornisce forma, supporto, stabilità e movimento al corpo, oltre che protezione agli organi vitali.

Esso consiste in un sistema passivo, osteoarticolare (ossa e articolazioni) e legamentoso, e uno attivo, muscolo-tendineo, sistemi che in rapporto sinergico consentono il movimento.

L’osso è un tessuto caratterizzato da notevole durezza e resistenza; è costituito da cellule (osteoblasti e osteociti) immerse in una matrice formata da fibre e sostanza glicoproteica, molto ricca di minerali, come il calcio e il fosforo.

Per questo motivo lo scheletro, oltre alle funzioni di supporto, svolge anche un’importante riserva di calcio e fosforo da cui l’organismo può attingere in particolari fasi di necessità; questo meccanismo, noto come rimaneggiamento osseo, è necessario per mantenere un equilibrio tra calcio e fosforo e viene mediato dal paratormone, un ormone secreto dalle paratiroidi con azione ipercalcemizzante (stimola il riassorbimento di calcio dalle ossa ogni qual volta la concentrazione nel sangue di tale minerale tende a diminuire), e dalla calcitonina, un ormone secreto dalle cellule parafollicolari della tiroide con attività ipocalcemizzante (stimola la deposizione di calcio a livello osseo ogni qual volta la sua concentrazione nel sangue tende ad aumentare).

Durante la trasformazione dello scheletro cartilagineo fetale in scheletro osseo e, in seguito, durante l’accrescimento delle ossa nella fase della crescita, gli osteoblasti, le prime cellule del tessuto osseo, sono costantemente impegnati nella sintesi delle fibre e delle glicoproteine che formano la matrice, che successivamente subisce il deposito di sali di calcio, ossificandosi; man mano che ciò avviene gli osteoblasti si trasformano in osteociti ed entrano in uno stato di riposo.

Nell’osso si distingue una parte esterna compatta e una interna costituita da un tessuto spugnoso con una caratteristica struttura trabecolare, leggera ma molto resistente.

In base alla loro forma le ossa si possono classificare in:

  • ossa lunghe, la cui lunghezza prevale sulla larghezza; svolgono funzione di sostegno e sono rappresentate dalle ossa prossimali dello scheletro appendicolare (femore, omero, radio, ulna, tibia, perone etc.);
  • ossa corte, principalmente rappresentate dalle ossa terminali degli arti (falangi, ossa del carpo e del tarso), ma anche dalle vertebre e sono strutturate in modo da assicurare solidità e movimento;
  • ossa piatte, che svolgono importanti funzioni di protezione per organi o tessuti, come ad esempio le scapole, il bacino e le ossa del cranio.

Nella porzione centrale delle ossa lunghe, che prende il nome di diafisi, si trova il midollo osseo giallo, tessuto ricco di grasso molle e spugnoso, mentre nelle loro porzioni terminali, che prendono il nome di epifisi, così come nelle cavità delle ossa corte e di quelle piatte, si trova il midollo osseo rosso, che rappresenta la sede dove si svolge il processo di creazione degli elementi corpuscolati del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine), definito emopoiesi.

Le ossa, in particolare le ossa lunghe, sono sottoposte costantemente a forze di carico che possono essere statiche (forze che si esplicano quanto il soggetto è in stazione) e dinamiche (durante la deambulazione); l’insieme di queste forze stimola e determina un adattamento strutturale dell’osso, che prende il nome di rimodellamento osseo, da parte degli osteoblasti e osteoclasti, che ad esempio permette ad un osso sottoposto ad un carico eccessivo e ripetuto di addensarsi e quindi di rinforzarsi.

L’osso è rivestito da un tessuto connettivo altamente vascolarizzato, chiamato periostio, formato da

uno strato esterno, fibroso e povero di cellule ma molto vascolarizzato, e da uno strato interno, ricco sia di vasi che di cellule; quest’ultime, normalmente quiescenti, in particolari situazioni come quelle rappresentate da fratture, possono attivarsi e trasformarsi in osteoblasti, che dando luogo alla produzione di matrice sono in grado di riparare la lesione.

Le singole ossa sono collegate attraverso le articolazioni, che in base all’ampiezza dei movimenti che permettono, si possono suddividere in:

  • articolazioni fisse, che non permettono alcun movimento, ma hanno il ruolo di tenere insieme alcune ossa al fine di proteggere determinati organi o strutture anatomiche, come nel caso delle ossa del cranio che svolgono la funzione di proteggere il cervello;
  • articolazioni semimobili, che consentono un limitato movimento, come la sinfisi sacroiliaca che permette solo piccoli movimenti (di nutazione e contronutazione).
  • articolazioni mobili, le più numerose, che consentono movimenti ampi, articolando capi ossei contigui con importanti capacità propulsive; ne sono un esempio le articolazioni scapolo-omerale, omero-radio-ulnare, femore-tibio-rotulea e coxo-femorale.

Le articolazioni mobili, data l’enorme capacità di movimento dei capi ossei, devono essere mantenute in sede dai legamenti e da una guaina denominata capsula articolare.

I legamenti sono strutture di tessuto connettivo fibroso, molto resistente, che inserendosi a livello della superficie ossea in corrispondenza dei capi articolari, li tengono uniti tra loro.

La capsula articolare è un manicotto di tessuto connettivo che avvolge i capi articolari e riveste completamente l’articolazione, delimitando la cavità articolare.

Internamente è ricoperta da una membrana (membrana sinoviale) le cui cellule, i sinoviociti, producono un liquido (liquido sinoviale) le cui funzioni sono quelle di lubrificare i capi articolari, dissipare il calore prodotto dal loro scorrimento e nutrire la cartilagine articolare.

Il sistema osteoarticolare rimane tuttavia un sistema passivo, che necessita di muscoli per il movimento; sono i muscoli volontari, anche definiti muscoli scheletrici, legati alle ossa tramite i tendini.

La contrazione di tali muscoli, in risposta ad uno stimolo nervoso, genera una forza che si trasmette alla leva ossea attraverso il tendine, permettendo così il movimento delle varie parti del corpo.

Le ossa non sono completamente lisce, ma presentano delle asperità in corrispondenza dell’inserzione dei tendini e legamenti; la loro forma caratteristica è dovuta alle forze di carico e di tensione da parte dei muscoli.

Grazie alle inserzioni teno-legamentose e alle forze di rimodellamento, le ossa presentano una forma caratteristica che varia da specie a specie.

I muscoli volontari sono formati da cellule, le fibre muscolari, ciascuna delle quali è composta da centinaia di miofibrille; le miofibrille a loro volta contengono filamenti spessi e sottili disposti longitudinalmente, costituiti da due proteine, actina e miosina, che conferiscono al muscolo il tipico aspetto microscopico (aspetto striato).

La contrazione rappresenta la risposta ad uno stimolo nervoso, che vi giunge tramite una fibra nervosa: il punto di contatto tra la fibra nervosa e la fibra muscolare, attraverso la quale l’impulso passa da un tipo cellulare all’altro (dalla cellula nervosa alla cellula muscolare) prende il nome di sinapsi neuromuscolare o placca motrice.

Quando arriva l’impulso nervoso al muscolo i filamenti di actina e di miosina scorrono gli uni sugli altri accorciando le fibre muscolari e quindi facendo contrarre il muscolo; quando l’impulso nervoso cessa, le fibre muscolari tornano nella loro posizione originale ed il muscolo si rilassa.

I muscoli volontari spesso agiscono in coppie dette antagoniste, vale a dire che per ottenere un determinato movimento un muscolo si contrae e l’altro si rilassa; ad esempio, per ottenere la flessione del gomito, il muscolo bicipite si contrae ed il muscolo tricipite si rilassa.

La muscolatura scheletrica permettendo diversi movimenti all’organismo, che possono essere di flessione ed estensione, pronazione e supinazione (limitata nel cane, ma importante nel gatto), consente di effettuare movimenti per alzare o abbassare porzioni anatomiche (m. elevatore del labbro superiore) o di allontanare (abdurre) e avvicinare (addurre) un arto al corpo.

Questa complessità di movimenti permette anche, grazie alla contrazione e rilassamento dei muscoli facciali, di manifestare determinate espressioni mimiche che sono necessarie per la comunicazione interspecifica di tutti gli animali vertebrati.

Il sistema muscolo scheletrico pertanto è il vero protagonista dell’apparato locomotore in quanto responsabile attivo del movimento e della socializzazione dell’animale.

A cura della Prof.ssa Angela Palumbo Piccionello e del Dott. Giulio Pedrani

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